Kerry a L'Avana, aspettando Obama e il Papa

Usa e Cuba, più delle ambasciate Quei nodi ancora da sciogliere

Usa e Cuba, più delle ambasciate Quei nodi ancora da sciogliere
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Il Segretario di Stato americano John Kerry oggi ha aperto ufficialmente l’ambasciata americana a Cuba, chiusa da oltre 50 anni, diventando anche il primo segretario di Stato Usa a recarsi sull'isola dal 1945. I due Paesi dallo scorso dicembre hanno cominciato a rompere il ghiaccio diplomatico che intercorreva dal 1961, per arrivare al definitivo scioglimento il 20 luglio scorso, quando i tre canonici marines, dando replica al gesto fatto 54 anni quando ammainarono la bandiera a stelle e strisce a l’Avana, sono tornati a issare il vessillo statunitense sul Malecon.

US Cuba Poll
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In this July 20, 2015, photo, Cuban Foreign Minister Bruno Rodriguez, right of center, applauds with other dignitaries after raising the Cuban flag over their new embassy in Washington. Cuba's blue, red and white-starred flag was hoisted Monday at the country's embassy in Washington in a symbolic move signaling the start of a new post-Cold War era in U.S.-Cuba relations. Nearly three-fourths of Americans think the United States should have diplomatic ties with Cuba, but they’re not sure how far to go in lifting sanctions, according to an Associated Press-GfK poll released July 20 as full diplomatic relations between the two countries were formally restored. (AP Photo/Andrew Harnik, Pool)

John Kerry
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U.S. Secretary of State John Kerry gives a thumbs-up as he boards his aircraft from Andrews Air Force Base, Md., for a flight to Havana, Friday, Aug. 14, 2015. Kerry is traveling to the Cuban capital to raise the U.S. flag and formally reopen the long-closed U.S. Embassy. Cuba and the U.S. officially restored diplomatic relations July 20, as part of efforts to normalize ties between the former Cold War foes. (AP Photo/Pablo Martinez Monsivais, Pool)

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U.S. Secretary of State John Kerry boards his aircraft from Andrews Air Force Base, Md., for a flight to Havana, Friday, Aug. 14, 2015. Kerry is traveling to the Cuban capital to raise the U.S. flag and formally reopen the long-closed U.S. Embassy. Cuba and the U.S. officially restored diplomatic relations July 20, as part of efforts to normalize ties between the former Cold War foes. (AP Photo/Pablo Martinez Monsivais, Pool)

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U.S. Secretary of State John Kerry gives a thumbs-up as he prepares to board his aircraft from Andrews Air Force Base, Md., for a flight to Havana, Friday, Aug. 14, 2015. Kerry is traveling to the Cuban capital to raise the U.S. flag and formally reopen the long-closed U.S. Embassy. Cuba and the U.S. officially restored diplomatic relations July 20, as part of efforts to normalize ties between the former Cold War foes. (AP Photo/Pablo Martinez Monsivais, Pool)

Lo storico compito di Kerry. Tocca quindi a Kerry il compito di dare un nuovo volto alle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cuba, e secondo i beneinformati quello di preparare il viaggio del presidente Obama, che vorrebbe visitare L'Avana all’inizio dell’anno prossimo. Nel suo viaggio sull'isola il Segretario di Stato incontrerà alcuni dissidenti, tra cui Yoani Sanchez, nota blogger cubana critica nei confronti del governo castrista. In tutti questi anni i dissidenti cubani sono stati l'unico canale di contatto fra i due Paesi, ma alla cerimonia di apertura dell’ambasciata non sono stati invitati, e l’incontro con Kerry avverrà dopo. Obama ha preferito così, per non creare tensioni, incidenti, e un possibile boicottaggio da parte delle autorità cubane. E poi perché la cerimonia è un «evento tra Stati» come l’ha definita lo stesso Kerry. Una scelta che si è attirata le critiche del senatore americano di origini cubane Marco Rubio, in corsa per la Casa Bianca, che ha definito il mancato invito uno «schiaffo agli attivisti democratici cubani: i dissidenti sono rappresentanti legittimi del popolo cubano e sono loro, e non gli esponenti del regime di Castro, a meritare un trattamento da tappeto rosso dagli americani».

 

 

I nodi da sciogliere. La questione dei diritti umani e le riforme democratiche sono temi ancora problematici sull’isola, e i gruppi di opposizione dicono che le repressioni dei dissidenti continuano nonostante le pressioni degli Stati Uniti. Inoltre, tra Cuba e Usa si potrà parlare di pace vera solo dopo aver risolto anche il nodo dell’embargo e della restituzione del territorio occupato fino a oggi di Guantanamo. I passi da compiere, quindi, sono ancora molti, ma quel che è certo è che il riavvicinamento tra i due Paesi e il reinserimento di Cuba nel sistema internazionale segna una nuova vittoria nella politica estera di Obama e l’inizio di una transizione democratica per il governo di Raul Castro.

 

 

Quella profezia di Fidel nel 1973. Dopotutto c’era da aspettarselo che sarebbe finita così, se è vera la profezia di cui si parla in queste ore. Nel 1973, in un incontro con la stampa internazionale, si dice che Fidel Castro rispose con queste parole a un giornalista inglese che gli chiedeva quando Cuba e Usa sarebbero tornate a parlarsi: «Gli Stati Uniti dialogheranno con noi quando avranno un presidente nero e quando ci sarà un Papa latinoamericano». Se sia una leggenda o la verità, non è dato saperlo con esattezza perché nessuno dei giornalisti presenti all’epoca è qui a raccontarlo, ma si dice che allora tutti scoppiarono a ridere, perché nel 1973, 5 anni dopo l’assassinio di Martin Luther King, era impensabile che un uomo di colore salisse alla Casa Bianca, così come era altrettanto un’utopia che il Papa non fosse un italiano. Ma la storia ha riservato grandi sorprese, e a settembre l’isola aspetta Papa Francesco.

 

 

«Gli Usa ci devono molti milioni di dollari». Nonostante molti cubani siano fiduciosi che la ripresa delle relazioni porterà con sé cambiamenti positivi, Fidel Castro non le manda a dire a Kerry. Nel giorno del suo 89esimo compleanno, il 13 agosto ha fatto sapere che gli Stati Uniti sono in debito con Cuba per molti milioni di dollari, a causa dell’embargo di questi decenni. Il lider maximo, tornato in forma dopo le voci che lo davano per l’ennesima volta per morto, ha scelto il giornale Granma per frenare gli entusiasmi della pace con l’America. Il vecchio padre della Cuba moderna ha scritto un editoriale per l’organo ufficiale del partito comunista dell’isola, lo ha intitolato “la realtà e i sogni” e ha chiesto i danni agli americani. Fidel parla di soldi sulla base di un rapporto del governo cubano pubblicato lo scorso anno, in cui si afferma che l’embargo imposto nel 1962 ha causato l’equivalente di più di mille miliardi di euro di perdite dirette per l’economia cubana.

 

 

Manca solo internet, o quasi. Adesso a Cuba, per essere libera manca solo internet. O quantomeno mancherà solo quello dopo che si cominceranno ad affrontare il tema dei diritti umani, dell’embargo e di Guantanamo. Ma per la gente comune, quella che vuole rimanere in contatto con il resto del mondo, avere internet che funziona è già una gran cosa. Un segno per essere aperti al mondo. Si conta che solo il 5% dei cubani (11 milioni di abitanti) sia connesso alla rete. Adesso che pare sia cominciata la stagione delle aperture, il governo dell’isola si è impegnato a collegare almeno il 50% dei cubani entro il 2020. Per ora sono stati aperti 35 hotspot, 5 solo a l’Avana.

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