La cronistoria

Val Seriana e il Coronavirus, quattro giornate nere e una mancata zona rossa

9 febbraio, 19 febbraio, 23 febbraio e 7 marzo. Sono le tappe che segnano una possibile evoluzione del contagio, una catena di errori e circostanze che hanno portato alla catastrofe

Val Seriana e il Coronavirus, quattro giornate nere e una mancata zona rossa
Pubblicato:
Aggiornato:

di Giambattista Gherardi

Il caso dei primi due turisti cinesi isolati a Roma il 29 gennaio 2020, lo stato di emergenza dichiarato dal governo il 31 gennaio, e il caso del “Paziente 1” ricoverato a Lodi il 19 febbraio. Sono le date che segnano l’arrivo della pandemia da Coronavirus Covid-19 in Italia: una vera e propria guerra che il 26 marzo ha superato gli ottomila morti solo in Italia.

Il triste ruolo di “epicentro” del contagio è toccato purtroppo alla Bergamasca, e in particolare alla città e alla Valle Seriana, con Alzano Lombardo, Albino e Nembro in prima fila. Qui le date da segnare con il cerchio rosso del dubbio sono ben altre: 9 febbraio, 19 febbraio, 23 febbraio e 7 marzo. Sono le tappe che segnano una possibile evoluzione del contagio, una catena di errori e circostanze che hanno portato alla catastrofe, con un numero di decessi che in tanti comuni ha già superato quello complessivo dell’anno 2019.

Domenica 9 febbraio

È una domenica come tante a metà fra inverno e primavera. L’Eco di Bergamo, ironia della sorte, titola in prima pagina sulla denatalità della Val Seriana. Fra gli incontri del calcio provinciale al campo Falco di Albino si disputa una partita valevole per il campionato di Eccellenza: in campo ci sono i locali dell’Albinogandino e il Real Casal Codogno 1908, storica compagine lodigiana. Gli ospiti hanno vita facile e già nel primo tempo sono sul 3-0. Il gol della bandiera dei locali arriva a tempo ormai scaduto. Dieci giorni dopo Codogno, con la scoperta del “Paziente 1”, diventerà epicentro del contagio e prima zona rossa (insieme a Vò Euganeo in Veneto) dell’intero territorio nazionale. Quando il 21 febbraio si scopre che Mattia M., 38 anni, è positivo al Covid-19 parte la (vana) corsa a rintracciare tutti i contatti dell’uomo e della sua famiglia. Emergono la mezza maratona del 2 febbraio disputata fra Santa Margherita Ligure e Portofino, le partite di calcio dilettantistico, il lavoro alla Unilever di Casalpusterlengo, la moglie (in attesa di una bimba), i familiari. Mattia è stato poi dimesso il 23 marzo, dopo aver rischiato la vita in terapia intensiva e perso il padre, contagiato dal Covid-19. Resta sullo sfondo (traccia mai approfondita a dovere?) quella partita del Codogno in Media Val Seriana con giocatori, tecnici, dirigenti e tifosi al seguito. C’erano legami (luoghi di allenamento, frequentazioni, ecc.) con il “Paziente 1” uomo di sport? Difficile rispondere, anche perché gli appassionati seriani (e non solo del calcio) in quelle settimane vivevano tutt’altra attesa: gli ottavi di finale di Champions League fra Atalanta e Valencia.

Mercoledì 19 febbraio

La seconda data su cui porre l’attenzione è quindi quella di mercoledì 19 febbraio, quando un vero e proprio esodo porta a San Siro su bus, auto e metro, oltre 40 mila bergamaschi. Il clima è elettrico ed esaltante e il Coronavirus solo una notizia che appare lontana: solo due giorni dopo arriveranno le notizie del contagio a Codogno e del primo morto a Vò Euganeo. Il dubbio viene a molti e a metterlo nero su bianco, in un’intervista al Corriere della Sera, è il professor Fabiano Di Marco, primario di pneumologia all’Ospedale Papa Giovanni che definisce la partita di San Siro «una bomba ecologica». Un dubbio condiviso poi ad alta voce anche dall’Unità di Crisi della Protezione Civile.

Domenica 23 febbraio

Il calcio resta un possibile moltiplicatore, non solo per la Valle Seriana, ma la data cruciale che potrebbe aver fatto la differenza nei tragici bilanci di morti e contagiati è quella del 23 febbraio e ha un luogo preciso, rispetto al quale il nostro giornale si è interrogato da tempo: l’Ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo. In quell’ospedale “periferico”, in una domenica di carnevale con i primi dubbi per organizzare o meno le sfilate delle mascherine (due giorni prima sono scoppiati i casi a Codogno e Vò Euganeo), avviene qualcosa di anomalo che, è ormai più che certo, diffonde il Covid-19 a centinaia di pazienti, medici, infermieri e visitatori. Come ricostruito con un’approfondita inchiesta da Francesca Nava su The Post International (tpi.it) nel pomeriggio di domenica 23 febbraio ad Alzano vengono accertati due pazienti positivi: uno nel reparto di medicina (ricoverato da una settimana) e uno al Pronto Soccorso. Sugli smartphone della Valle e del mondo dell’informazione girano conferme e smentite a più riprese, sussurri e mezze frasi che danno il segno di una letale incertezza. Di fatto il Pronto Soccorso viene improvvisamente chiuso, così come avviene successivamente per i reparti, dove i parenti vengono fatti uscire, ma senza alcun controllo o avvertenza. Trasferiti i due positivi al Papa Giovanni di Bergamo, l’ospedale inspiegabilmente nel tardo pomeriggio torna a essere pienamente funzionante, come nulla fosse.

Continua a leggere a pagina 11 del numero di PrimaBergamo in edicola fino al 2 aprile, oppure sull’edizione digitale QUI.

Seguici sui nostri canali