Sono state rapite il 31 luglio

Chi sono i siriani di al-Nusra che tengono in ostaggio Vanessa

Chi sono i siriani di al-Nusra che tengono in ostaggio Vanessa
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La buona notizia è che Vanessa Marzullo (21 anni, di Brembate) e Greta Ramelli (20 anni, di Gavirate) sono vive. Pallide, dimagrite, intimorite, ma vive. Negli ultimi minuti che hanno preceduto l’arrivo del 2015 è apparso in rete un video dove le due ragazze, rapite lo scorso luglio, chiedono al governo italiano e ai loro mediatori di riportarle a casa. Sono le prime immagini da quando di loro si sono perse le tracce. Il video, della durata di 23 secondi e diffuso da un giornalista arabo che vive e scrive da Washington, pare risalga al 17 dicembre: le ragazze chiedono di tornare a casa prima di Natale e una delle due, la bergamasca Vanessa Marzullo, tiene in mano un quaderno con la data scritta a penna, mentre è solo Greta Ramelli a parlare senza mai guardare la telecamera. Le due ragazze sono vestite di nero, con l’abaya, l’abito diffuso in parte del mondo musulmano, soprattutto negli stati del Golfo, che copre interamente il corpo lasciando scoperto il volto, le mani e i piedi. L’attendibilità del video è ancora tutta da confermare, anche perché non ci sono elementi temporali esterni, per esempio un quotidiano, che dimostrino che sia stato girato davvero il 17 dicembre.

Il padre di Vanessa, Salvatore Marzullo, rilascia dichiarazioni di speranza: «Abbiamo visto quelle immagini, le prime immagini di Vanessa e Greta da mesi, sembra stiano abbastanza bene anche se in una condizione difficile». Racconta poi che la sua famiglia, così come quella di Greta, sono «sempre in contatto» con il ministero degli Esteri. «Non abbiamo molte parole da dire - ribadisce - speriamo di poter avere presto buone notizie, tutto può essere, per il resto possiamo solo restare ottimisti». Anche perché «la situazione è delicata e dobbiamo lasciar lavorare con calma la Farnesina». Alla Stampa confida anche: «Mi auguro che questo 2015 sia un anno migliore, spero solo di poter riabbracciare mia figlia. Vederla anche per pochi momenti è stata un'emozione fortissima. Se chi le ha rapite voleva farci un regalo per le feste, questo è il regalo più bello. Adesso non possiamo che aspettare, ma finalmente abbiamo qualche speranza in più».

 

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I rapitori. Il giornalista che ha diffuso il video, Zaid Benjamin, ha twittato che Greta e Vanessa sono tenute in ostaggio da Jabat al-Nusra, una delle più organizzate e meglio armate formazioni siriane del fronte anti-Assad, che conta sui finanziamenti che arrivano da al-Qaeda. Non sarebbero in mano allo Stato Islamico, quindi, a differenza di quanto si era diffuso qualche settimana dopo il rapimento. E il Fronte al-Nusra ha confermato di tenere prigioniere le due ragazze italiane: «È vero, abbiamo le due donne italiane, perché il loro Paese sostiene tutti gli attacchi contro di noi in Siria», ha detto all'agenzia stampa tedesca Dpa Abu Fadel, un esponente del gruppo. A supportare la notizia anche Rami Abdel Rahman, dell'Osservatorio Siriano per i diritti umani, il gruppo vicino all'opposizione che ha sede a Londra. Parla anche lui alla Dpa e dice: «Ho ricevuto informazioni a conferma che al-Nusra detiene le due donne italiane rapite alla periferia occidentale di Aleppo».

Che si trattasse di al-Nusra ne era convinto fin da subito, appena visto il video, anche il presidente del Centro Studi Internazionali (Ce.Si.), Andrea Margelletti: «Le due ragazze – aveva dichiarato - sono in mano ad un gruppo integralista islamico che si rifà direttamente ad Al Qaeda, e che, nei confronti di donne occidentali, non può che avere un approccio di quel tipo. Dunque un atteggiamento di totale sottomissione che va letto anche in chiave mediatica, per il messaggio che vuole mandare». Le due giovani, infatti, non guardano mai direttamente la telecamera. Solo Vanessa, lancia una timida occhiata per una frazione di secondo. Greta, invece, con un filo di voce, parla tenendo sempre la testa bassa.

Da quanto dice Vanessa («Siamo in grosso pericolo, potremmo essere uccise»), pare che i negoziati tra il governo italiano e i rapitori siano in una fase di stallo. Una fonte dell’intelligence rivela che le trattative sono in una fase delicatissima e richiedono il massimo riserbo. Anche le famiglie chiedono silenzio, confidando nel lavoro della diplomazia.

 

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I rapporti di Al-Nusra con l’Isis. Nonostante il Fronte al-Nusra, sia affiliato di al-Qaeda e condivida con lo Stato Islamico buona parte dell’impianto ideologico salafita, le due formazioni sono molto differenti e combattono su fronti contrapposti. Lo Stato Islamico ha l’obiettivo di espandersi a livello territoriale, conquistando aree ricche di risorse, dove si stabilisce e impone le sue leggi. Al-Nusra, invece, combatte al fianco dei rivoluzionari siriani contro Assad. Il suo obiettivo è far cadere il regime di Assad e sostituirlo con uno Stato sunnita islamico. Inoltre, al-Nusra è composto da soli siriani, mentre l’Isis è nato da jihadisti di varie nazionalità che hanno giurato fedeltà al califfo al Baghdadi.

Fino all'affermazione dello Stato Islamico, al Nusra era considerato il gruppo più radicale. Nato nel gennaio del 2012, quando 6 membri anziani di al Qaida in Iraq furono inviati in Siria, è considerato l’unico rappresentante di al Qaida nel Paese. Riunisce diverse migliaia di combattenti sparsi in ogni regione. Il fronte al Nusra è stato inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche dagli Stati Uniti, dalle Nazioni Unite e da molti altri Paesi. Al suo interno ha una cellula ristretta – il cosiddetto “gruppo Khorasan” – a cui sono stati attribuiti dei compiti particolari, anche fuori dai confini siriani, da Ayman al-Zawahiri, il medico egiziano successore di Osama bin Laden. Più volte il fronte ha rapito cittadini occidentali per finanziare le sue attività con i riscatti. Nelle zone attorno ad Aleppo e Idlib, al-Nusra gode di appoggio da parte della popolazione locale, grazie anche al fatto che è uno dei pochi gruppi militarmente capaci di contrapporsi all’esercito di Assad.

Chi sono Vanessa e Greta. Le due ragazze, poco più che ventenni, erano in Siria per portare aiuti ai bambini. Di loro si erano perse le tracce il 31 luglio, dopo che erano entrate nel paese dalla Turchia insieme a un giornalista del Foglio che è poi riuscito a fuggire. Era la seconda volta che andavano in Siria in poco meno di quattro mesi. Avevano messo a punto il progetto Horryaty, un’iniziativa umanitaria che vuole garantire servizi idrici, sanitari e culturali alle popolazione siriana martoriata da oltre tre anni di guerra civile. «In Italia ci occupiamo di raccolta fondi e sensibilizzazione. In Turchia compriamo gli aiuti e in Siria li gestiamo e distribuiamo in zone diverse», si legge nelle informazioni della pagina Facebook del progetto.

2014, l’anno peggiore per la Siria. Intanto, l’Osservatorio siriano per i diritti umani sostiene che nel solo anno 2014 siano state uccise oltre 76.000 persone, di cui circa la metà civili. L'Onu, ad agosto, aveva stimato che il numero dei morti in 3 anni aveva raggiunto quota 191.000, anche se, per gli attivisti, il numero reale è probabilmente più alto. Il 2014 è stato l’anno più sanguinoso della guerra civile che affligge il paese dal 2011.

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