Perché non valorizzarlo?

Il vecchio cinema-teatro Nuovo ora piange incuria e calcinacci

Il vecchio cinema-teatro Nuovo ora piange incuria e calcinacci
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Un’ampia transenna, una rete di plastica arancione: sul marciapiede non si può più passare, la pista ciclabile è fuori uso. Dalla facciata del vecchio cinema e teatro Nuovo piovono calcinacci. La barriera è stata posta in largo Belotti davanti all’ingresso monumentale, in uno stile in qualche modo neoclassico, vincolato dalla Sovrintendenza. Ma se i crolli continuano, della facciata vincolata resterà poco. Viene in mente la villa neoclassica dell’arhitetto Simone Elia, sulla strada che da Bergamo va a Gorle, un gioiello ridotto a un rudere. Finirà così il cinema teatro Nuovo?

 

 

Un tempo piovevano gli applausi. Qui tennero discorsi personalità che la storia non ha dimenticato, da Cesare Battisti a Gabriele D’Annunzio, fino a Tommaso Marinetti. Qui si fecero spettacoli di prosa, di cabaret, di avanspettacolo. Fino ai primi anni Cinquanta. La Città Bassa puntava la sua vitalità soprattutto sulla presenza di tre teatri nello spazio di un chilometro: il Nuovo, il Donizetti e il Duse. Il Duse è scomparso negli Anni Sessanta. Il Nuovo come teatro ha chiuso nel 2005. Ma davvero questi luoghi di spettacolo sono diventati inutili? Davvero si può accettare che il Nuovo - di proprietà di un’illustre famiglia bergamaschi, quella dei Nosari - vada in malora? Ma come si concilia tutto il parlare e il progettare per dare «nuova vita al centro» con l’abbandono di luoghi che proprio rappresentano la vivacità di un centro?

Piovono calcinacci, al punto che sono stati chiusi pista ciclabile, pezzo di strada e marciapiede. Per camminare in largo Belotti bisogna passare sul marciapiede opposto. E se sei in bicicletta non hai più neanche un metro per transitare. È accettabile? Non ci vuole Leonardo da Vinci, non occorre genialità per capire che il rilancio del Nuovo sarebbe strategico per la vita della città, del suo centro, per i locali, per tutto il centro piacentiniano, cioè Sentierone e dintorni. Soprattutto ora che il Donizetti si avvicina alla chiusura per restauri e che non solo prosa e lirica devono traslocare, ma gli stessi uffici dell’assessorato alla Cultura devono cercarsi una nuova sistemazione. Facile immaginare il mortorio serale di quando il Donizetti avrà chiuso i battenti.

 

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Il progetto del teatro è della fine dell’Ottocento sulla base del gemello milanese, il Dal Verme. L’inaugurazione avvenne nel 1901; era impostato su tre gallerie e una platea. Rimase teatro dedito soprattutto al varietà. Ci sono passati personaggi come il Fanfulla e Macario, Emma Gramatica... Varietà e cinema. Negli Anni Settanta il grande schermo del Nuovo ospitava film in cinemascope e 3D, una delle poche sale bergamasche all’avanguardia. Offriva 1200 posti, poi ridotti a 900 per ragioni di sicurezza. A un certo punto visse una seconda giovinezza grazie al Lab80 che ne rilevò la gestione e accanto al cinema ripropose teatro, cabaret, musical. È in questi anni che al Nuovo si affaccia un grande artista come Dario Fo. E poi anche comici e attori come Beppe Grillo, Diego Abatantuono, Paolo Rossi.

Undici anni fa, la chiusura: affitto alto, necessità di opere di manutenzione, di insonorizzazione. Poi una serie di proposte, di idee, ma nulla di concreto. Alla fine, i bergamaschi si sono persino dimenticati di questo luogo, di questa bella facciata neoclassica. Passano e nemmeno si accorgono. E il vecchio teatro e il centro piangono. Calcinacci.

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