Venezia invasa dall'Acqua Granda A rischio i mosaici della basilica

Gli uomini del Centro Maree di Venezia non credevano ai loro occhi: il mare spinto dal soffio dello scirocco ieri sera ha iniziato a salire oltre le previsioni: tre, quattro, cinque centimetri ogni dieci minuti. Così alle 22,50 di ieri 12 novembre ha raggiunto un livello destinato ad entrare negli annali: 187 centimetri sopra la media mare. Pochi centimetri sotto quella catastrofica acqua alta del 4 novembre 1966, la terribile «Acqua Granda». Il mare è entrato in Laguna in modo devastante. E non è finita qui: altri livelli record previsti per oggi. A differenza del 1966 l’unica consolazione è che oggi esistono le previsioni e ci si può mettere in parte al riparo. Ma a volte le previsioni vengono superate dai fatti come è accaduto ieri, quando era stata annunciata un’acqua alta eccezionale a 160 centimetri. Invece le raffiche di vento a 100 chilometri all’ora hanno cambiato lo scenario in peggio.
Il sindaco Luigi Brugnaro ha passato la notte in giro per la città e sulla sua pagina Facebook ha documentato una situazione disastrata. I vaporetti trascinati dalle acque sulle banchine e lì lasciati quasi come dei relitti, le luci dei ponti praticamente chiuse. E poi piazza San Marco, una delle meraviglie del mondo, mangiata dal mare. L’acqua un’altra volta, dopo l’episodio dello scorso anno, è entrata in Basilica, raggiungendo il metro e dieci di altezza, invadendo la cripta e coprendo i mosaici pavimentali, con il suo mix di salsedine e sporcizia, petrolio compreso. Insomma un’emergenza vera che non solo ha paralizzato la città, ma ha gettato tutti nello scoramento: come se si fosse davanti a un qualcosa di invincibile e di ineluttabile. Le cause del ripetersi delle emergenze sono dovute a due fattori concomitanti: l’abbassamento del livello del suolo, che nella zona di Venezia è sceso di circa 12 centimetri tra il 1950 e il 1970 a causa soprattutto dello svuotamento della falda acquifera, e l’innalzamento del livello del mare causato dal cambiamento climatico.
In realtà lo strumento che potrebbe evitare almeno in parte queste emergenze esiste. O meglio dovrebbe esserci. È il famigerato Mose, un sistema composto da 78 paratoie mobili installate nelle tre bocche di porto lagunari: Lido, Malamocco e Chioggia, il cui cantiere è iniziato nel 2003, costato già 7miliardi di euro, ma ancora non attivo per ragioni che non sono state rese pubbliche. Sono 78 paratie che dovrebbero difendere la città grazie a un meccanismo fatto di cassoni di alloggiamento in cemento armato, cerniere e, appunto, paratie.
Lo scorso 4 novembre, proprio nel giorno in cui cadeva l’anniversario dell’«Acqua Granda» del 1966, era prevista la prova tecnica della barriera di Malamocco, la bocca di porto più profonda della Laguna con i suoi 14 metri: qui sono state posizionate 19 paratie, ciascuna lunga 29,5 metri e larga 20, con 4,5 di spessore. Il 21 e 24 ottobre sono state tentati dei sollevamenti parziali, ma sono state riscontrate vibrazioni in alcuni tratti di tubazioni delle linee di scarico. Così la prova è stata bloccata, con un’ipotesi di fare un nuovo tentativo il 4 novembre. Finito anche quello nel nulla.