quinto occidentale assassinato

«Vi dico grazie, prima di andare» L'ultima lettera di Peter Kassig

«Vi dico grazie, prima di andare» L'ultima lettera di Peter Kassig
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Dopo l’annuncio choc la conferma con un video: Peter Kassig è stato decapitato. Si tratta del’ennesima vittima del terrore omicida dello Stato Islamico. È la quinta esecuzione in pochi mesi di un ostaggio occidentale nelle mani dei miliziani dell’Isis. La terza di un cittadino americano, e per questo il presidente Usa Barack Obama ha definito la decapitazione di Kassig un “male assoluto”.

Chi era Kassig. Peter Kassig era un operatore umanitario americano, era stato rapito nell’ottobre 2013 e durante la prigionia si convertì all’islam assumendo il nome di Abdul Rahman. Poche settimane fa la famiglia aveva diffuso un video in cui ne chiedevano la liberazione, e il fratello negli ultimi giorni è stato molto attivo su twitter per sensibilizzare il mondo sulla sorte di Peter e ribadire la richiesta di libertà della famiglia.

26 anni, originario dell’Indiana, Kassig era stato sequestrato in Siria, dove si trovava per conto di un’associazione umanitaria che lui stesso aveva fondato. Tra il 2006 e il 2007 aveva trascorso quattro mesi in Iraq come militare con i Ranger dell’esercito americano. Dopo aver intrapreso corsi per diventare assistente medico, si era trasferito in Libano, dove aveva fondato l’organizzazione no profit Sera, Special Emergency Response and Assistance, per istruire personale medico e aiutare i più bisognosi in quelle aree dove le altre organizzazioni umanitarie non riuscivano a operare in maniera efficace.

Lo scorso 2 giugno in una lettera alla famiglia scriveva di aver paura di morire, e che la cosa più difficile è non sapere se avesse ancora senso sperare. Era però sereno e in pace con se stesso in merito alla sua condizione di convertito all’islam.

Il video, diverso dai precedenti e gli altri decapitati. Il video, che gli Stati Uniti hanno ritenuto autentico, è diverso dai precedenti. Diverso anche da quello della decapitazione di Alan Henning, in cui John il boia annunciava che anche Kassig era stato decapitato. Prima di tutto nessuno sfondo anonimo. Pare si riesca addirittura a individuare il luogo esatto dell’esecuzione, a Dabiq vicino ad Aleppo nel nord della Siria. Questo video, poi, è più lungo degli altri, dura 15 minuti, contiene scene di violenza, parate dei miliziani e messaggi minatori. È girato con una sola telecamera, in maniera quasi amatoriale, ben lontana dalla precisione di quelli diffusi in precedenza. Inoltre, non viene mostrato il momento della decapitazione di Kassig, ma solo il boia a volto coperto in piedi accanto ad una testa decapitata, che apparterrebbe al 26enne americano. Secondo gli analisti si tratterebbe ancora una volta di John, l'uomo dal marcato accento inglese che ha già ucciso i britannici David Haines e Alan Henning, e gli americani James Foley e Steven Sotloff. Quello che rimane oscuro è quando il video è stato girato, dal momento che ci sono elementi che fanno supporre che John sia stato ferito in un raid aereo la scorsa settimana.

Nel video, oltre all’esecuzione di Kassig, viene mostrata anche la decapitazione di quindici soldati siriani, tutti con indosso una tuta blu. Nel filmato, i terroristi e i soldati camminano gli uni dietro agli altri. A un certo punto, i terroristi prendono un grosso coltello, fanno inginocchiare la loro vittima e poi la decapitano. Oltre a John, tra i boia ci sarebbero anche due cittadini francesi, uno dei quali è Maxime Hauchard, un 22enne parigino nato in Normandia, che si era convertito all'Islam prima di partire per la Siria, nell'agosto 2013, verso la Siria.

Gli altri ostaggi in mano ai miliziani A oggi nelle mani dell’Isis ci sarebbero altri due ostaggi: il giornalista britannico John Cantlie, già protagonista di alcuni video di propaganda, e una donna non identificata. Ancora ignote le condizioni in cui si trovano le due giovani italiane, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, di cui non si ha alcuna notizia da quando sono state sequestrate in Siria il 31 luglio scorso. Anche loro avevano fondato un’associazione umanitaria per portare aiuto e medicinali ai bambini siriani.

Di seguito il testo dell’ultima lettera di Peter Kassig ai familiari, del 2 giugno 2014:

È ancora difficile credere che tutto questo stia davvero accadendo… La situazione si sta facendo parecchio intensa, so che lo sapete. Siamo stati imprigionati insieme, noi stranieri. Ormai metà della gente è tornata a casa. Spero che vada tutto a finire con un lieto fine ma potremmo anche essere arrivati alla resa dei conti, e se davvero è così ho pensato che era ora di scrivere un po’ di cose, prima di andare.

La prima cosa che voglio dire è grazie. Sia a te sia a mamma per tutto quello che avete fatto per me come genitori. Per tutto quello che mi avete insegnato, mostrato e provato con me. Non riesco a immaginare la forza e l’impegno che possono esser stati necessari per crescere un figlio come me, e ve ne sono profondamente grato.

Voglio poi che sappiate come sono le cose qui e cosa ho passato direttamente da me, così che non dobbiate tirare a indovinare, chiedervelo, o immaginarlo (spesso è peggio che sapere la realtà). Tutto sommato sto bene. Dal punto di vista fisico sono dimagrito parecchio ma non muoio di fame e non ho nessun problema fisico: sono uno tosto e ancora giovane, che aiuta.

Dal punto di vista mentale credo che questa sia la cosa più dura che un uomo può affrontare, lo stress e la paura sono incredibili ma sto facendo del mio meglio per reggere. Non sono solo. Ho amici, ridiamo, giochiamo a scacchi, facciamo giochi per tenere la mente attiva, condividiamo storie e sogni su casa e i nostri cari. Può essere difficile per me affrontare questa situazione, mi conoscete. La mia mente è rapida e la mia pazienza più sottile di quella degli altri. Ma nel complesso reggo bene. Ho pianto molto nei primi mesi, meno adesso. Mi preoccupo molto per te e per mamma e per gli amici.

Ci dicono che ci avete abbandonati e/o che non vi importa, ma ovviamente so che state facendo tutto quello che potete e anche di più. Non preoccuparti, papà, se cedo: non finirò per pensare niente di diverso da quello che so essere vero. Che tu e mamma mi volete un bene più grande della luna e le stelle.

Ovviamente ho un po’ di paura di morire ma la parte più difficile è non sapere, farsi domande, sperare, e chiedermi se abbia senso sperare. Mi spiace che questo stia accadendo e che voi a casa stiate affrontando questa situazione. Se muoio, penso che voi ed io potremo cercare consolazione sapendo che me ne sono andato perché ho cercato di alleviare le sofferenze e di aiutare chi ne aveva bisogno.

Quanto alla mia fede, prego ogni giorno e non sono arrabbiato riguardo la mia situazione. Mi trovo in una situazione difficile dal punto di vista dogmatico, ma sono in pace col mio credo.

Vorrei che questo pezzo di carta non finisse mai e che potessi continuare a parlarti. Sappi che sono con te. Ogni ruscello, ogni lago, ogni campo e fiume. Nei boschi e sui colli, in ogni luogo che mi hai fatto conoscere. Ti voglio bene.

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