Vi imbarazzate? Siatene fieri È tipico degli individui "pro sociali"
Almeno una volta nella vita, siamo pronti a scommetterlo, ciascuno di noi avrebbe desiderato che la terra gli si aprisse sotto i piedi. Una enorme voragine in cui sprofondare e non risalire più. Un pensiero che attraversa la mente ogni qual volta si prova dell’imbarazzo: un sentimento di vergogna, un senso di colpa verso un fatto, una azione o una persona; il sentirsi fuori posto in una determinata circostanza, manifestati con alcuni chiari indici fisici. Rossori, mani che sudano o fredde, sguardo abbassato, sorriso forzato, movimenti della testa verso il basso e lateralmente, toccamenti del viso. Insomma atteggiamenti tutti al negativo verso i quali saremmo però troppo severi. Infatti la lettura più moderna di questo stato d’animo, porta a dire che colui che prova imbarazzo, forte o lieve che sia, è una persona "pro-sociale", dunque con senso di responsabilità verso se stessi e gli altri.
Imbarazzati? Siete generosi. C’è sempre un rovescio (buono) della medaglia. Anche quando, dentro un fatto o un comportamento, non si riesca a veder proprio nulla di positivo. Come nel caso dell’imbarazzo che viene invece riscattato da uno studio americano della University of California, Berkeley, pubblicato sul Journal of Personality and Social Psychology, da cui emerge che l’imbarazzo appartiene ed è provato da persone generose, affidabili. A dirla con una sola parola: pro-sociali. I ricercatori hanno sottoposto il gruppo di partecipanti allo studio a 5 esperimenti che avevano tutti un unico filo conduttore: capire come viene vissuta e affrontata una situazione "imbarazzante", a detta del protagonista e dei suoi interlocutori. Ovvero agli esaminandi in un caso è stato chiesto di raccontare storie di momenti da dimenticare oppure, coperti di lusinghieri complimenti, si è guardata la reazione di imbarazzo o di orgoglio dei diretti interessati mentre agli osservatori veniva chiesto di classificare questi comportamenti in base a dei canoni di affidabilità e generosità. Ancora i volontari sono stati testati in una serie di giochi che richiedevano tutti fiducia nel prossimo e condivisione di risorse. Incredibilmente questa serie di test e esperimenti alla fine ha attestato che i soggetti che mostravano maggior imbarazzo di fronte a contesti di varia natura, erano anche coloro con una maggiore propensione alla socialità, ovvero a mantenere comportamenti attenti al rispetto delle convenzioni ma anche a pensare in primo luogo al benessere collettivo, evitando o prevenendo il disagio delle altre persone, mostrandosi affidabili nei confronti degli impegni presi e meno inclini a mettere in pericolo un equilibrio con delle loro azioni azzardate e poco responsabili.
E nel rapporto di coppia? L’imbarazzo fa bene anche alla coppia. Pare solo incredibile pensarlo, ma l’imbarazzo all’interno di una relazione a due, rivelerebbe una spiccata attenzione al partner dimostrata, in contesti che potrebbero essere definiti di debolezza o fragilità, con parole che si incespicano o ragionamenti un po’ confusi, ma anche rossori al volto e gesti tentennanti. Atteggiamenti, a detta degli esperti (ed in particolare dell’eminente sociologo Erving Goffman che lo affermava già più di cinquant’anni fa), rivelatori di un interesse al rispetto delle norme sociali e soprattutto dei sentimenti di persone a cui si è particolarmente affezionati e/o verso le quali ci si sente attratti. Insomma tutto suggerirebbe che l’imbarazzo è il linguaggio non verbale privilegiato per porgere, quasi senza confessarlo, le proprie scuse.
Aiuta l’evoluzione della specie. C’è chi sostiene che l’imbarazzo sia sempre appartenuto alla specie umana e che esso abbia addirittura contribuito all’evoluzione della razza. Alcuni tipici atteggiamenti di imbarazzo – come ad esempio la testa china, il riso nervoso, lo sguardo sfuggente - li avremmo pure "ereditati" dagli animali i quali adotterebbero questi segni comportamentali per mostrare sottomissione all’interlocutore, evitando così una reazione aggressiva. Nell’uomo questi stessi segni sarebbero invece espressione della disponibilità a collaborare, identificando nel gruppo le persone con le quali valga davvero la pena di instaurare un rapporto costruttivo, rispetto ad altre in cui invece la relazione sarebbe guidata per lo più da fini egoistici. In buona sostanza l’imbarazzo, ma anche la vergogna e il senso di colpa, sarebbe un’emozione suscitata dall’idea o dalla sensazione di aver violato le convenzioni o le norme sociali e questa reazione fisica sarebbe la chiara dimostrazione del valore che in realtà si attribuisce a queste stesse norme trasgredite. A riprova di questa affermazione ci sarebbe uno studio scientifico condotto su giovani trasgressivi, inclini cioè all’aggressione, al vandalismo e al comportamento distruttivo; proprio questi ultimi non saprebbero neppure cosa voglia dire provare imbarazzo o comunque lo avvertirebbero in misura molto minore quando commettono un errore.
Imbarazzo? Andarne fieri. In conlusione, altro che abbassare il capo quando si arrossisce o percepire questo atto come riprovevole. Potrebbe quasi dire che, se l’imbarazzo sorge in contesti giusti e corretti, si può andarne fieri e a testa alta. Perché è il rispetto del prossimo e il valore sociale a smovere questa emozione, in una realtà in cui per una volta non si è condotti dai fili di un burattinaio.