Viaggio tra gli oggetti appartenuti ai bergamaschi uccisi dal Covid
Reportage-inventario di Linda Caglioni e Paolo Arnoldi sul numero del settimanale in edicola da domenica 23 agosto

C’è un rasoio a mano libera sulla copertina dell’Espresso. Apparteneva a Ernesto Paganini, barbiere siciliano emigrato da ragazzo a Dalmine, in provincia di Bergamo, morto di Covid lo scorso 15 marzo. Una delle oltre 35mila vittime del virus che l’Italia pare aver dimenticato, insieme al pericolo ancora costituito dal virus: la grande rimozione. Il settimanale apre con il viaggio di Linda Caglioni (ex giornalista di BergamoPost) e Paolo Arnoldi tra gli oggetti lasciati dai morti del Covid nella provincia di Bergamo, la più colpita sei mesi fa. Cappelli, zaini, magliette, occhiali, una macchina da cucire: per non dimenticare le persone che si identificavano con quegli oggetti e che ora non ci sono più.
«Ci sono tante cose che avrei voglia di aggiungere – annota Linda su Facebook -. Ma le uniche parole che servono sono quelle che le famiglie mi hanno affidato. Io le ringrazio per aver accolto in casa l’ennesima giornalista venuta a proporsi con un progetto sul Coronavirus a Bergamo. Le ringrazio per i ricordi che hanno condiviso, per aver capito che questo era per me lavoro ma anche bisogno urgente di capire. Grazie anche a Paolo, l’unico fotografo abbastanza folle e abbastanza amico affezionato da poter accettare la proposta di non-lavoro per come gliel’ho presentata tre mesi fa (“ho bisogno di fotografie belle, ma non posso pagarti e non so se qualcuno le pubblicherà mai, mi aiuti lo stesso?”). Lontano dalle statistiche e dai numeri, il mio tributo alla mia città schiacciata, il posto da cui fuggo e dove alla fine ho sempre bisogno di tornare».