Due studi differenti

Da dove viene la voglia di alcool (e la capacità o meno di smettere)

Da dove viene la voglia di alcool (e la capacità o meno di smettere)
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È simile a un mirtillo, ma del frutto di bosco violaceo e asprigno avrebbe solo la forma e forse neppure le dimensioni. Almeno i ricercatori così definiscono, morfologicamente parlando, una particolare zona del cervello, profonda, situata nell’emisfero destro del cervello, che sarebbe sede del nostro desiderio di alcool e alcolici in genere. Lo ha riferito, in uno studio pubblicato  su Alcoholism: Clinical and Experimental Research, un gruppo di ricercatori dell'Indiana University School of Medicine, negli Stati Uniti, dopo aver osservato le reazioni cerebrali di alcuni individui in seguito all’assunzione di bevande dal tasso alcolico elevato o assente.

Il controllo a livello cerebrale. È il cervello che comanda. Ovvero ci sarebbe una spiegazione scientifica al desiderio che si prova nel voler bere un drink strong, e quindi alla capacità di fermarsi o, di contro, alla voglia dell’organismo di richiederne uno ancora. Spiegazione che potrebbe essere ritenuta attendibile, visto che gli esperimenti e le rilevazioni sono stati fatti sull’uomo e non in laboratorio, seguiti da ulteriori verifiche di conferma.

 

 

Pare infatti che, grazie all’utilizzo di alcune strumentazioni sofisticate di imaging avanzata, come la risonanza magnetica funzionale e la Pet, capaci di rilevare nel dettaglio le stimolazioni o le attività cerebrali, un gruppo di ricercatori americani abbia osservato dove e a quale intensità si manifesterebbe il desiderio o il rifiuto di alcolici. Sul primo quesito, cioè il dove, sembrano non esserci dubbi perché la sete dell’alcool risiederebbe in una piccola zona, profonda, nel lato destro del cervello, legata ai meccanismi di motivazione e ricompensa. Mentre, per la richiesta di alcool, molto dipenderebbe dal tipo di sostanza assunta. Ad esempio un bicchiere di birra o una bibita sportiva, susciterebbe tipi di sete molto differenti: il desiderio di berne ancora nel primo caso e di dire stop nel secondo.

 

 

La relazione alcool-cervello non sarebbe una semplice intuizione dei ricercatori o  un desiderio manifestato a voce dai bevitori, ma una attestazione veritiera di una serie di esami di comprovata efficacia. Grazie ai quali i ricercatori hanno potuto osservare che, a livello cerebrale, il sapore di birra stimolava una maggiore attività in entrambi i lobi frontali e nello striato ventrale destro del cervello; reazione invece assente in caso di consumo di bibite energy o sportive. Inoltre il desiderio di birra, come prova del nove, era confermato anche a parole dai bevitori.

 

 

C’entra anche un enzima. Forse, perché questa volta la scoperta è solo di laboratorio. Tuttavia potenzialmente da non sottovalutare, perché uno studio ad opera di alcuni ricercatori dell'Università di Linköping in Svezia, pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry, spiegherebbe  alcuni meccanismi  di alcohol- addiction. Anche quest’ultimo correlato ad alcune cellule nervose cerebrali che hanno sede nel lobo frontale e che sarebbero comandate da un particolare enzima, il Prdm2, che comunica coi neuroni della corteccia prefrontale. Dunque secondo lo studio vi sarebbe una motivazione biologica al bisogno di alcol: fatto che renderebbe più difficile liberarsi o risolvere problemi di alcolismo.

Infatti gli studiosi avrebbero osservato che, in presenza di questo enzima, alcuni ratti esposti per 14 ore al giorno a vapori alcolici e per un periodo di sette settimana, sviluppavano dipendenza fino all’alcolismo. A tal punto che, sottratti alla sostanza alcolica, per tre settimane, mutavano il loro comportamento diventando ansiosi e aumentando la richiesta di alcool nel momento in cui questo era di nuovo disponibile. Ancora è stato osservato che in caso di astinenza, dopo tre settimane l’enzima diminuiva, soprattutto nella zona della corteccia prefrontale.

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