Vini Doc, Docg, Igt. Cioè?
Un tempo la scelta era fra rosso, bianco o, tuttalpiù, rosé. Oggi, invece, fra “Doc”, “Dop”, “Igp”, “Docg” e “Igt”, comprare un vino è diventato quanto mai complicato. Proviamo a spiegarvi il significato e l’origine delle denominazioni che si trovano sulle etichette.
Un prodotto da tutelare. La viticoltura ed il vino fanno parte della storia dell’Italia da sempre. Pertanto, nel corso degli anni, si è avvertita l’esigenza di tutelare un prodotto così importante e caratteristico del nostro Paese. Il primo passo in tal senso risale al 1921, quando Arturo Marescalchi, il deputato fondatore dell’odierna Associazione Assoenologi, presentò alla Camera un progetto per il riconoscimento dei “Vini tipici”. Tale progetto portò alla promulgazione della legge n.1164 del 1930, volta alla difesa dei vini di pregio. In seguito sorsero anche i primi Consorzi di tutela, come quello del Moscato di Pantelleria o del Marsala e, per alcuni vini, si iniziarono a delineare le rispettive zone di produzione, cosa che accadde ad esempio per i vini tipici dell’Alto Adige e per quelli dei Castelli Romani. La volontà sottesa a tali iniziative era quella di mettere in risalto e tutelare i vini che avessero un particolare legame con un determinato territorio, la sua cultura e le sue tradizioni e che rispettassero determinati criteri di qualità nella produzione.
La legislazione italiana ed europea. In Italia, la Legge n. 164 del 1992 ha creato una sorta di “piramide della qualità” che consentisse ai vini migliori di essere più chiaramente identificati. Parallelamente alla legislazione nazionale, anche a livello europeo si è sviluppata una regolamentazione delle denominazioni d’origine nel settore vitivinicolo che, da ultimo, ha dato vita al Regolamento Ce n. 479/2008. Tale norma, in particolare, ha introdotto la macrodistinzione tra “Vini di Origine Geografica” e “Vini senza Origine Geografica”. Nella prima categoria rientrano i vini a Denominazione d’origine protetta (Dop) e ad Indicazione geografica tipica (Igp), ossia quelli che possiedono un legame con il territorio ed un determinato disciplinare di produzione. Nella seconda categoria, rientrano, invece, i vini privi di legame territoriale e sottoposti a norme di produzione meno stringenti. Tale normativa è stata recepita in Italia con il Decreto Legislativo n. 61 del 2010 che ha sostituito la vecchia legge del 1992 e ha ridisegnato la piramide di qualità.
Vino. Alla base della piramide si trova la dicitura generale “Vino” (che ha sostituito la vecchia dicitura “Vino da tavola”). Si tratta di quella categoria di prodotti che non hanno nessuna indicazione di provenienza, di vitigno, di annata o altre indicazioni qualitative, salvo il colore. Tali vini, inoltre, non sono sottoposti a limiti produttivi e devono rispettare solo limiti qualitativi e analitici molto ampi come, ad esempio, il grado alcolico. A livello europeo tali prodotti rientrano nella categoria di “Vini senza Origine Geografica”.
Vino varietale. I vini “varietali” sono una delle novità introdotte dal Regolamento europeo del 2008. Si tratta di prodotti rientranti nella categoria dei “Vini senza Origine Geografica” ma che, a differenza del “vini” generici descritti sopra, possono indicare in etichetta le varietà di uva utilizzata e, facoltativamente, anche l’annata. Per poter produrre e commercializzare un vino varietale bisogna rispettare alcuni vincoli e sottoporlo a un vero e proprio controllo regolamentato. Ad oggi, i sette vitigni autorizzati dal Ministero italiano per la produzione e la commercializzazione di vini “varietali” sono: Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Merlot, Sauvignon e Syrah.
Igt. Il gradino successivo della piramide è costituito dai vini ad Indicazione geografica Tipica (Igt). Si tratta di vini che provengono da una determinata area geografica, che sono regolamentati da un generico disciplinare di produzione e che possono riportare in etichetta, oltre all’indicazione del colore, anche l’indicazione dei vitigni utilizzati e l’annata di raccolta delle uve. A livello europeo, gli Igt rientrano nella categoria dei “Vini di Origine Geografica” e, in particolare, corrispondono alla denominazione comunitaria di Vini ad Indicazione geografica protetta (Igp). Non bisogna farsi ingannare dal livello della piramide, in questa categoria, infatti, trovano posto anche vini di altissima qualità, quali ad esempio i celeberrimi “Super Tuscan”.
Doc. La piramide prosegue con i vini a Denominazione d’origine controllata (Doc). Per denominazione d’origine si intende il nome geografico di una zona viticola cui viene riconosciuta una particolare vocazione per le caratteristiche dell’ambiente naturale e dei fattori umani. I vini che si avvalgono di tale denominazione devono rispettare quanto previsto dallo specifico disciplinare di produzione nel quale vengono definite la zona di produzione, i vitigni ammessi, le produzioni, le rese per ettaro, le caratteristiche analitiche ed organolettiche, la tipologia e la data di immissione al consumo. Prima di essere messi in commercio i vini Doc vengono sottoposti ad analisi chimico-fisiche ed esami organolettici molto scrupolosi di cui si occupano, in genere, le Camere di Commercio in qualità di organismi pubblici incaricati al controllo. A livello europeo, i Doc rientrano nella categoria dei “Vini di Origine Geografica” e, in particolare, fra quelli a Denominazione di origine protetta (Dop). Nel nostro Paese, attualmente, ci sono 330 Doc e la “Vernaccia di San Gimignano” è stato il primo vino ad ottenere tale riconoscimento nel 1966. Nella provincia di Bergamo sono presenti due vini Doc: il “Valcalepio Doc” ed il “Terre del Colleoni Doc”.
Docg. La Denominazione d’origine controllata e garantita (Docg) comprende i vini prodotti in determinate zone geografiche che rispettano un disciplinare ancora più stringente di quello previsto per i vini Doc. In particolare, «il riconoscimento della denominazione di origine controllata e garantita è riservato ai vini già riconosciuti a Doc e a zone espressamente delimitate o tipologie di una Doc da almeno dieci anni, che siano ritenuti di particolare pregio, per le caratteristiche qualitative intrinseche e per la rinomanza commerciale acquisita» (Art. 8 D. Lgs. n. 61 del 2010). Anche i vini Docg sono sottoposti ad un’analisi chimico-fisica e ad un esame organolettico da parte delle Commissioni di degustazioni delle competenti Camere di Commercio, che certificano il rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare. Le bottiglie di vini Docg vengono fascettate con contrassegno di stato riportante la denominazione. A livello europeo anche i vini Docg rientrano nella categoria dei vini Dop che, dunque, assorbe tanto le Doc che le Docg. Attualmente sono 73 i vini italiani che possono fregiarsi della Docg, i primi ad ottenerla sono stati il “Brunello di Montalcino”, il “Barolo” e il “Vino Nobile di Montepulciano” nel 1980. In provincia di Bergamo, nel 2009 la Denominazione di origine controllata e garantita è stata riconosciuta al vino “Moscato di Scanzo”.
“Classico”, “Riserva” e “Superiore”. Infine, nell’ambito dei vini Dop (Doc e Docg), la legge prevede la possibilità di alcune specificazioni, quali le diciture “Classico”, “Riserva” e “Superiore”. La specificazione “Classico” indica un vino prodotto in una zona di origine più antica nell’ambito della stessa Doc o Docg. Con il termine “Riserva”, invece, si fa riferimento ai vini che vengono sottoposti ad un periodo di invecchiamento più lungo rispetto a quello previsto dal disciplinare e con regole produttive maggiormente restrittive. Infine, la dicitura “Superiore” indica vini che hanno una gradazione alcolica più elevata rispetto a quella della tipologia base di vino specificata dal disciplinare.