Vuol donare 2 milioni all'ospedale ma lo fanno aspettare e se ne va

Immaginate che, all’improvviso, nella vostra vita si materializzi un lontano zia d’America. Esatto, di quelli tanto noti alla narrativa popolare: rubizzo, pieno tanto di pancia quanto di portafogli. Immaginate che questo zio, di cui chiaramente non conoscevate l’esistenza, in un inatteso slancio di bontà e amore verso la sua (vostra) famiglia decida di rendervi partecipi della sua immensa ricchezza. Sì, perché questo zio è chiaramente un magnate, un imprenditore con attività di qua e di là, in particolare nel mondo delle concessionarie d’auto Usa. Bene, ora immaginate che fissiate un appuntamento con questo vostro zio, che ha tanta voglia di donarvi sull’unghia 2 milioni di dollari; ma voi avete un sacco d’impegni (la spesa, le pulizie di casa, la birra con gli amici) e arrivate in ritardo all’appuntamento. Così in ritardo che il vostro “zio Tom”, spazientito, ha deciso di andarsene con valigetta carica di danaro al seguito.
[L'ospedale Giovanni Paolo II di Ragusa]
È quello che è successo, a grandi linee, al nuovo ospedale Giovanni Paolo II di Ragusa, dove il manager dell’Asp 7, Maurizio Aricò, avrebbe dovuto accogliere Giuseppe Giufrè, magnate americano di origini iblee. Giufrè, infatti, a nome dell’associazione a stelle e strisce Figli di Ragusa, che riunisce cittadini americani di origini sicule, era intenzionato a donare niente di meno che 2 milioni di dollari al nuovo ospedale con la volontà di aiutare quella terra che, in passato, è stata la casa dei loro avi. Peccato che Aricò abbia fatto fare al benefattore americano un po’ troppa anticamera e quest’ultimo, spazientito, se ne sia andato con al seguito il suo carico di denaro. Risultato: figuraccia nostrana e addio donazione. O forse no. Pare infatti che, nelle ultime ore, dopo un certosino lavoro diplomatico da parte di diversi politici locali, che hanno messo in campo tutti i loro azzimati trucchi del mestiere, siano riusciti a convincere Giufrè a fare retromarcia, anche se non a stretto giro di boa. L’associazione, infatti, s’è detta ancora convinta di fare la donazione, ma non adesso poiché Giufrè è già rientrato negli Usa per seguire i suoi affari.
Di certo c’è che ci troviamo davanti a una vicenda tanto comica quanto grottesca. Secondo la ricostruzione, qualche giorno fa Giufrè aveva fissato un appuntamento con Aricò proprio alla sede degli uffici della Asp 7 di Ragusa per portare a termine questa donazione: una vera manna dal cielo per i conti del nuovo ospedale ragusano, pressato dai costi di inizio attività e dai conti perennemente in rosso della sanità siciliana. Una volta giunto nel capoluogo ibleo, però, Giufrè sarebbe stato fatto accomodare in sala d’attesa, cosa che già lo ha spazientito non poco. Ma l’attesa s’è poi protratta: il caldo, il fastidio. Alla fine Giufrè ha deciso di andarsene. «Neanche quando andavo a parlare con Ronald Reagan ho atteso tanto» avrebbe affermato.
[Maurizio Aricò, manager dell'Asp 7 di Ragusa]
Come prevedibile, una volta che la notizia ha varcato i muri di quella sala d’attesa è scoppiato il caso. La parlamentare regionale del Movimento 5 Stelle, Vanessa Ferreri, ha richiesto la convocazione urgente di Aricò in commissione Sanità per chiarire la vicenda. La Ferreri s’è poi scusata pubblicamente con il signor Giufrè (già in volo per la Germania in quegli istanti), sperando «in un ripensamento. Perché a rimetterci sarebbero solo i cittadini». Il presidente della Commissione sanità siciliana, Pippo Digiacomo, tenta invece un disperato salvataggio di Aricò, parlando di «semplice disguido che spero possa essere superato». Proprio in quei momenti partiva l’offensiva politica siciliana per tentare di far tornare il benefattore sui propri passi. Ma Giufrè, a quanto pare non abituato a fare anticamera, pareva inamovibile, oltre che assai seccato. Alla fine, invece, sembra che gli sforzi diplomatici siano andati a buon fine. Speriamo.
Resta però una questione, su cui ancora nessuno ha dato una vera risposta: ma quanto ha aspettato, veramente, il buon “zio Tom” Giufrè? Le prime voci parlavano addirittura di ore, cosa che, evidentemente, ha fatto imbestialire non poco la cittadinanza iblea (e non solo). In realtà poi queste tempistiche sono state ridimensionate: Aricò, in dichiarazioni ufficiose e non ufficiali, ha parlato di 10, massimo 12 minuti d’attesa; Giufrè invece pare abbia parlato di mezz’ora, dopo la quale ha deciso di salutare e andarsene. L’avvocato Sbezzi, legale italiano di Giufrè, dichiara: «Siamo stati fatti accomodare in una sala d’attesa rovente e abbiamo atteso per circa mezz´ora finché il signor Giuffrè non si è seccato e ha deciso di andare via». Mezz’ora? Vabbè, ma che sarà mai allora mezz’ora? Hanno pensato molti. In effetti chi non farebbe aspettare una mezz’oretta il fantomatico zio dall’America, quello di cui parlavamo poc’anzi, quello pronto a donarci sull’unghia 2 milioni di dollari? A dirla tutta, noi.