La fuga verso casa

Yazidi, la liberazione di Sinjiar

Yazidi, la liberazione di Sinjiar
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Dopo un assedio che va avanti dallo scorso mese di agosto, la città di Sinjar, nel nord dell’Iraq è stata liberata dai miliziani del sedicente califfo Abu Bakr al-Baghdadi. I miliziani curdi sono così riusciti a riguadagnare terreno, e a contenere l’avanzata dei jihadisti. La campagna di terra, iniziata dai guerriglieri peshmerga, va quindi avanti con successo. La rottura, nei giorni scorsi, dell’assedio di Sinjiar ha dato il via alla fuga degli yazidi, che nella città erano tenuti prigionieri. I peshmerga hanno aperto un corridoio che ha permesso a migliaia di yazidi di lasciare la zona per dirigersi soprattutto nel Kurdistan iracheno in attesa di rientrare nelle loro case e nei loro villaggi nella piana di Ninive, dopo una fuga iniziata mesi fa per scappare alla violenza dei miliziani dello Stato Islamico. Si stima siano oltre 15mila le persone rifugiatesi nella zona tra Rabia e Sinjar, lungo il confine siriano, e Zumar, ad ovest del lago di Mosul.

La liberazione dall'assedio. La liberazione dall’assedio è coincisa con il giorno in cui la comunità yazidi celebra una delle sue principali ricorrenze religiose, la Cejna Ezidi. Quella a Sinjar è la vittoria più grande contro i miliziani jihadisti ed è stata messa in atto dai peshmerga aiutati nella loro azione di terra da una cinquantina di raid compiuti dalla coalizione internazionale capeggiata dagli Stati Uniti. Sono infatti i droni della coalizione a guidare gli 8mila combattenti curdo iracheni verso le basi e gli accampamenti degli islamisti. Ed è stato proprio l’assedio dei jihadisti a Sinjar a determinare la formazione della coalizione per combattere il sedicente califfato. Quest’estate, quando iniziò l’assedio, vennero istituiti ponti aerei e, ad annunciare l’entrata dei peshmerga nella città di Sinjar, fu Saeed Sinjari, un membro del Partito democratico curdo, dichiarando che i militari del Kurdistan "stanno ispezionando il centro di Sinjar", per ripulirlo da tutti gli jihadisti. Per il momento sono state rinvenute alcune fosse comuni, dove erano stati gettati i corpi di almeno una settantina di uomini uccisi dai miliziani dello stato Islamico. Tra loro anche molte donne e bambini. La rottura dell’assedio ha rappresentato anche la scongiura del rischio di genocidio.

L'obiettivo dei peshmerga. Adesso, dopo che in due giorni i peshmerga hanno strappato già 700 chilometri quadrati di territorio ai miliziani, il loro obiettivo è Mosul, roccaforte dello Stato Islamico in Iraq e seconda città del Paese. Nel frattempo, a congratularsi con i peshmerga per i successi ottenuti è arrivato a Sinjar anche il Presidente della Regione autonoma del Kurdistan Massoud Barzani, che ha annunciato di non voler lasciare neanche un centimetro del Paese agli islamisti. Per arrivare a Mosul, però, le sole forze dei peshmerga non bastano e chiedono aiuto tramite il figlio di Massoud Barzani, Masrur: «Non vogliamo che i Peshmerga siano l’unico gruppo con una valenza politica a entrare nella regione. La liberazione di Mosul richiede la partecipazione delle forze arabe, in particolare dell’esercito iracheno». Dal mese di agosto, l’aviazione della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti ha compiuto 1.361 raid contro postazioni dello Stato islamico in Iraq e Siria. Secondo il Wall Street Journal, tra il 3 e il 9 dicembre sarebbero stato uccisi diversi leader del gruppo islamista: tra di essi, Abd al Basit capo dei miliziani dello Stato Islamico in Iraq e il numero due di Al Baghdadi, Haji Mutazz. La notizia è stata confermata da John Kirby portavoce del dipartimento della Difesa Usa.

Yazidi. Sugli yazidi i riflettori del mondo si erano accesi lo scorso mese di agosto, quando la ferocia dei miliziani si abbattè sulla comunita, giudicata eretica e adoratrice del diavolo. Ma da sempre l’etnia yazidi è perseguitata. Già ai tempi di Saddam Hussein molti di loro vennero mandati in prima linea a combattere durante la guerra contro l’Iran, e il motivo era da ricercare nella loro etnica curda, particolarmente perseguitata da Saddam. Nel mondo gli yazidi sono circa 700 mila. Adorano sette angeli, il principale dei quali si chiama Melek Taus, o Shaytan. Si dà il caso che sia lo stesso nome con cui il Corano indica in Diavolo. Questo il motivo per cui l’islam radicale li condanna come adoratori del demonio. Si potrebbe dire che con la rottura dell’assedio lo Stato Islamico ha perso, almeno sul monte Sinjar. Più cauti gli analisti che, stando a quanto riporta l’emittente AlJazeera, invitano a essere tiepidi con gli entusiasmi, perché quella dell’Isis potrebbe anche essere una ritirata strategica in attesa di sferrare un nuovo attacco altrettanto vigoroso, essendo la zona di importanza strategica fondamentale: è vicino alla Siria e vicinissimo al Kurdistan. Punto di partenza per controllare tutto l’Iraq. Difficile pertanto che il califfo vi rinunci a cuor leggero.

 

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