Alla riscoperta dell'antica Via Priula grazie a un libro di Paolo Aresi
Il giornalista e scrittore presenterà la sua opera domani (12 novembre), ore 18.30, nella libreria Ubik di Borgo Santa Caterina
Un percorso affascinante, che parte da sopra la porta di San Lorenzo, in Città Alta, e attraversa la Val Brembana fino al passo di San Marco e poi giù, a Morbegno; una via costruita nel 1593 e oggi quasi dimenticata: è la Strada Priula. Paolo Aresi, scrittore e giornalista, collaboratore di PrimaBergamo, ha scritto un libro-guida su questo itinerario, che verrà presentato pomeriggio, venerdì 12 novembre, alle 18.30, nella libreria Ubik di Borgo Santa Caterina, al 19.
Paolo Aresi ha ripercorso in bici e a piedi la strada (sono circa 90 km), che in alcuni tratti è scomparsa, in altri si sovrappone alla statale della Val Brembana. Altre parti resistono, ben restaurate, e altre ancora dimenticate, ma piene di fascino, capaci di riportare indietro nel tempo. «La prima parte del percorso - dice Aresi - è forse la meno suggestiva, ma si rintracciano comunque elementi storici che colpiscono: dalla porta di San Lorenzo nascosta (quella che si trova sotto l’attuale, costruita nel Seicento) al Castello di Valverde, alle tracce medievali della “Contrada”, al guado della Morla. Altri punti interessanti si trovano anche nei primi paesi attraversati, dalla Brughiera di Almé al centro di Villa d’Almè. Ho rintracciato tratti porticati semiabbandonati a Zogno, a San Pellegrino… Nella parte alta, da San Giovanni Bianco in poi, i tratti visibili aumentano e nell’ultima parte la strada è ancora perfettamente percorribile».
Una nota: la Strada Priula, nei tratti dove non è più leggibile, può venire sostituita per il trekking dalle vicine ciclabili della Morla (Greenway), della Quisa e poi della Val Brembana (ex ferrovia).
La Via, o Strada, Priula venne tracciata nel 1593 su iniziativa del podestà di Bergamo, Aloisio Priuli. La costruzione risale quindi al periodo in cui erano state da poco completate le Mura Venete e la partenza della via è proprio da una delle sue porte, quella di San Lorenzo. Anzi, la strada parte un pochino più su: una colonna vicina alla chiesa omonima ne segna l’inizio. Venne costruita rapidamente, con un grande sforzo, anche economico, della città e dei paesi attraversati, da Bergamo al Passo di San Marco, a Morbegno (allora faceva parte dei Grigioni), per allacciarsi poi alla strada per Coira e sfociare nell’odierna Svizzera. Il punto più delicato era il passaggio della forra di Botta di Sedrina. Vennero realizzati dei “viadotti” con archi in ferro fissati nella roccia, che sostenevano la pavimentazione in assi di legno, a strapiombo sul fiume Brembo, manufatti avveniristici per l’epoca.
Fino a quell’anno, per andare in Val Brembana si doveva percorrere la via Mercatorum che costringeva a raggiungere Alzano o Nembro e poi salire a Monte di Nese o a Selvino. Da Selvino poi si raggiungevano Trafficanti, Serina, Dossena per approdare al Cornello dei Tasso e Oneta e quindi dirigersi verso il passo di San Marco (risalito però da Averara e non da Mezzoldo come con la Priula).
Dice ancora Paolo Aresi: «La Priula è una strada nata dall’idea rinascimentale di strada “moderna”, che è ispirata alle vie di comunicazioni costruite dai Romani. Nacque anche per favorire le economie locali. Attraversa luoghi molto belli, sia dal punto di vista architettonico che urbanistico e naturale. Penso agli edifici che ho già segnalato, ma anche ai centri storici di Zogno, San Giovanni Bianco, Oneta e Cornello dei Tasso (che la Priula sfiora, ma non attraversa), Olmo al Brembo… Valorizzare la Priula significherebbe valorizzare questi centri storici, ma anche taluni nuclei e chiese isolate».
Aresi è convinto del valore culturale, ma anche economico del rilancio della Priula (ma anche della Mercatorum). E spiega: «Potrebbe diventare occasione e perno di un progetto culturale e turistico articolato, che potrebbe coinvolgere tante componenti del mondo culturale, artistico ed economico, con possibili, inedite, alleanze. Il ritorno in termini di progresso della città e delle comunità locali, che in diversi casi soffrono per lo spopolamento, potrebbe rivelarsi importante».