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Andrea Mastrovito, personale in una galleria italiana (a Venezia) dopo 10 anni

Nuova esposizione per l’artista bergamasco con base a New York. Al centro il disegno come tecnica in grado di stravolgere il processo visivo

Andrea Mastrovito, personale in una galleria italiana (a Venezia) dopo 10 anni
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Il bergamasco Andrea Mastrovito è ormai artista di fama internazionale. Vive e lavora a New York ma resta un tifosissimo dell’Atalanta. Il Bocia lo conosce bene: Giotto, lo chiama. In Italia da 10 anni nessuna galleria ospita una sua personale. Ora ci pensa Venezia a riportare il profeta in patria: la Galleria Michela Rizzo (Giudecca) ospita un suo percorso espositivo per quasi due mesi, dal 6 aprile al 26 maggio. Titolo? “La diseducazione al reale”. Oltre trenta le opere in gran parte realizzate per l’occasione.

Protagonista è ancora il disegno messo al centro dell’attenzione in modo innovativo, non come surrogato della pittura, ma come tecnica in grado di stravolgere il processo visivo. Come viene percepita la realtà? Come si modifica la verità soggettiva? Chi sta raccontando cosa? Questi sono solo alcuni dei quesiti che emergono dall'indagine di Mastrovito. Attraverso una serie di rielaborazioni e interpretazioni, il disegno viene esplorato come copia, traccia, impronta, metamorfosi, negazione e assenza. La diseducazione al reale si pone come un rinnovato percorso d'indagine in un contesto che sintetizza le tradizionali modalità dell'artista con le sperimentazioni più recenti. Ne emerge, come spiega il curatore Alberto Fiz, «una presa di coscienza rispetto a un reale che esce di senno e sfugge a ogni definizione, in una progressiva integrazione di elementi, solo in apparenza antitetici».

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Il concetto di diseducazione nasce da una riflessione sulla funzione dell’arte e, in questa circostanza, vengono utilizzati elementi iconici della sfera educativa e ludica secondo un progressivo ribaltamento. «L'arte non deve rispondere alle logiche del politically correct, né tantomeno sottostare alle convenzioni sociali, etiche o politiche», afferma Andrea Mastrovito. Nel percorso di mostra la presenza di elementi della nostra infanzia e di oggetti legati alla formazione scolastica o pedagogica appaiono come un richiamo intenzionale e fuorviante. I righelli colorati, il frottage, le lavagne, la cattedra e i banchi, senza mai perdere del tutto il loro significato originario, si trasformano in materiali d'uso dove il disegno si impone per raccontare vicende mitologiche, fiabe paradossali o circostanze reali imprevedibili.

Proprio attraverso il disegno si può studiare, reinterpretare e riscrivere il reale. Un linguaggio contrapposto alla scrittura, perché, come suggerito da Alighiero Boetti in “Scrivere con la sinistra è disegnare”, il disegno è una pratica che rappresenta l'origine e la fine della scrittura stessa, un concetto in totale sintonia con il mondo dei contrasti e delle iperboli, temi centrali della ricerca dell’artista.

All’interno degli ampi spazi della Galleria Michela Rizzo il percorso è suddiviso in cinque sezioni tematiche. Ogni scelta è frutto di un processo che ripercorre le ossessioni dell’artista e le sue ricerche recenti in modo da offrire una panoramica esaustiva del suo lavoro, con una parte di produzione che esplora una tecnica assolutamente nuova in un’installazione centrale e complessa.

La mostra avrebbe dovuto aprire esattamente lo stesso giorno ma di un anno fa, il 2020, e proprio a causa della lunga preparazione si presenta articolata e arguta. «Il pensiero per diventare vero passa attraverso la matita e grazie al suo tratto si può studiare, reinterpretare e rivolta scrivere il reale. Può essere inganno, traccia, cancellazione, intarsio, animazione – spiega Mastrovito -. Io, Michela ed Alberto abbiamo lavorato oltre un anno e mezzo a questa mostra che rappresenta una sorta di diario sia personale che collettivo del nostro tempo in cui il ricordo si mescola con le speranze, il reale si ribalta nell'immaginario e l'immagine si rispecchia nella sua assenza».

L’opera simbolo è “L’ora di matematica”, banco scolastico disegnato e cancellato con protagonista Jake Angeli, uno dei manifestanti che il 6 gennaio hanno assaltato il Parlamento Usa. Una curiosità: le manine bianche sono del figlio di Mastrovito, Mattia James, 3 anni.

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