Fabio Santini porta al cineteatro Lottagono "L’America di Leone. E dintorni"
Appuntamento martedì 18 marzo alle 20.45 nella struttura di piazzale San Paolo. Ingresso libero

di Michele Ravasio
Martedì 18 marzo alle 20.45 al Cine Teatro Lottagono di piazzale San Paolo, UomoRe presenta: “L’America di Leone. E dintorni”. Ce ne parla l’autore, il noto giornalista Fabio Santini: «È la mia nuova opera teatrale. Un focus sui grandi film del 1984 di cui ripercorro il dietro le quinte, gli aneddoti, le curiosità. La regista Emma Cucchi ne proietta le immagini e con il flauto traverso di Michela Podera e la chitarra classica di Raffaele Mezzanotti ne riascoltiamo le musiche. E se andiamo in scena lo dobbiamo ai due volti della generosità bergamasca».
Ce lo spieghi.
«Lo spettacolo ha uno sponsor unico. È UomoRe, la boutique dell’eleganza maschile in pieno centro città, guidata da Christian Algeri, una persona di spessore che ama l’eleganza nella moda, nella musica, nel cinema. La sua generosità consente l’ingresso gratuito a Lottagono. E il volantinaggio promozionale nelle biblioteche, negli spazi di quartiere, nei centri per tutte le età è curato dai ragazzi autistici e dagli educatori dell’Associazione San Paolo in Bianco. Un modello di inclusione importante».
Torniamo alla sua piece. Perché proprio il 1984?
«In quell’anno uscì l’ultimo capolavoro di Leone “C’era una volta in America”. E non solo. L’84 è stato uno snodo cruciale dove titoli di cassetta si confondevano con pezzi d’autore».
Nostalgia?
«Sì, di un cinema che non c’è più, fatto di poesia, della grammatica pura delle emozioni, spesso bistrattate dall’uso della tecnologia e da sceneggiature deboli e ad effetto».
Non salva nulla del cinema di oggi?
«Poco. L’ultimo di Clint Eastwood, “Giurato n.2”, il film di Paola Cortellesi, “C’è ancora domani” e “Il Nibbio” con un eccellente Claudio Santamaria. Due titoli italiani che in qualche modo rilanciano i valori primordiali della nostra cinematografia».
Leone ha sempre un ruolo centrale nei suoi spettacoli teatrali. Perché?
«Dal 1997 con “C’era una volta il Cinema” a “Ennio Morricone-Il suono di una vita”, Leone ha sempre avuto il ruolo che gli compete, perché, come dice Tornatore, è stato l’ultimo regista italiano a pensare in grande».
Mi definisce la grandezza di Leone?
«La capacità di trasmettere emozioni con storie che non passano con il tempo. Guardi proprio “C’era una volta in America”. Quando è uscito andò male. Oggi è studiato, rilanciato nel montaggio originale, ritrattato in 4K. E non perde mai lo smalto della sua carica poetica».
Mi dice quali sono i “dintorni” che lei cita nel titolo?
«“Amadeus” di Milos Forman, “Paris Texas” di Wim Wenders, “Non ci resta che piangere” di e con Massimo Troisi e Roberto Benigni e altri. La serata sarà introdotta da Pietro Bianchi, avvocato bergamasco, autore di saggi sul cinema, l’ultimo dei quali “Film da rivedere, riscoprire da riassaporare” è in linea con il senso del mio spettacolo».