La recensione

"Il grande Lebowski", epopea comica di una società in (vana) attesa

Venticinque anni dopo, riguardare il film cult dei fratelli Coen (e ascoltare quei discorsi assurdi) è illuminante

"Il grande Lebowski", epopea comica di una società in (vana) attesa
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Di Fabio Busi

Venticinque anni dopo, riguardare “Il grande Lebowski” dei fratelli Coen è illuminante. Quella società di valori rovesciati e discorsi assurdi mostrata nel film ci ricorda spaventosamente il mondo di oggi. Drugo, Walter e Donny incarnano diverse aberrazioni. C’è lo sdraiato che non lavora e non ha progetti, che dà un’importanza esagerata a questioni minime come il suo tappeto e passa il tempo a fumare canne nella vasca. Non ha nemmeno voglia di vestirsi come si deve.

Walter è il risultato post-traumatico delle guerre americane. Vive in un costante stato di tensione, come in uno scenario bellico, dove ogni questione - ad esempio una partita di bowling - diventa quasi uno scontro di civiltà tra chi possiede delle regole e chi no. Peccato che questi valori siano applicati in modo arbitrario, violento e delirante.

“Il grande Lebowski” ci ha mostrato con anticipo, almeno per noi in Italia, i risultati di una società che andava verso il totale disimpegno, l’egocentrismo e il ribaltamento di senso di una vita sollazzata, eppure totalmente infelice. Questo si vede soprattutto nei dialoghi: nella maggior parte dei casi le persone fanno fatica a comprendersi, non riescono a spiegarsi, discutono per questioni risibili, oppure alterano continuamente la realtà, a seconda delle necessità di comodo.

Molteplici le scene in cui Drugo si arrabbia con Walter, perché i loro sistemi valoriali di fatto sono inconciliabili, così come il loro linguaggio. Ma anche il magnate Lebowski si esprime in modo aspro e sprezzante, per rimarcare il suo status di superiorità: lui incarna l’America che ce l’ha fatta.

C’è anche un personaggio femminista, Maude, che invece parla con parole oltremodo precise, quasi robotiche, e rimarca le differenze lessicali tra lei e quei debosciati di Drugo e compari. Ma nemmeno lei è portatrice di valori sani, come si vede quando decide di concepire un figlio senza amore.

Un quarto di secolo dopo, questo film ci mostra le conseguenze, comiche ma drammaticissime, di una società, quella occidentale, alla disperata (e vana) ricerca di nuovi motivi per cui esistere.

Commenti
Marcellus Wallas

Visto nel '98, visto nel 2023...e sono convinto che il Drugo è stato letteralmente assorbito dal magnetismo centrifugo della società del lusso e del consumo... Lui "voleva solo il suo tappeto"... E comunque, c'è sempre un Drugo, ovunque tu vada... >>> https://vm.tiktok.com/ZGe1wAfv9/

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