La Pietà Rondanini e quella di una madre (artista bergamasca) per la sua bambina
Emma Ciceri e la figlia Ester Ferrari hanno un legame molto personale con quell'assoluto capolavoro di Michelangelo
di Giuseppe Frangi
«Emma Ciceri, Ester Ferrari ospitate al Museo della Pietà Rondanini»: Emma è artista ed è la mamma; Ester è la piccola figlia; la Pietà Rondanini è l’ultimo capolavoro di Michelangelo, custodito a Milano al Castello Sforzesco. Emma è nata a Bergamo, dove lavora e anche insegna; anche Ester è nata a Bergamo sei anni fa. Da quel giorno la vita per sua mamma è profondamente cambiata, perché Ester è una figlia delicata che chiede attenzioni costanti e quotidiane.
Anche la Pietà Rondanini è un’opera meravigliosa, che però si porta dentro un carico di fatica e di ferite. Il vecchio Michelangelo vi lavorò quasi fino all’ultimo giorno e quando alla sua morte venne fatto l’inventario di quel che c’era nella casa romana di Macel de’ Corvi la scultura venne definita così: «un’altra statua principiata per uno Christo con un’altra figura sopra, attaccate insieme, sbozzate e non finite». Vale a dire madre e figlio a diretto contatto, “attaccate insieme”, un po’ come accade spesso nella quotidianità di Emma ed Ester.
Per questo la sensibilità di Emma artista l’aveva portata a cogliere un legame molto personale con quel lavoro di Michelangelo. E a covare un desiderio: poter realizzare un’opera che sintetizzasse tutto; cioè il rapporto speciale con sua figlia, lo specchiarsi in quella scultura, il bisogno di dare forma a questa straordinario intreccio di relazioni. Il sogno alla fine ha potuto essere realizzato.
Per alcuni lunedì, a museo chiuso, Emma ed Ester hanno potuto stare al cospetto della Pietà e compiere i loro riti quotidiani, seguiti da una videocamera discreta. Ne è scaturita un’opera che fin dal titolo evoca un qualcosa che è accaduto ma che è anche in divenire: “Nascita aperta” (un progetto di Casa Testori, curato da Gabi Scardi).
Da martedì 14 (con inaugurazione lunedì 13, dalle 14 alle 18) il video dell’artista bergamasca sarà visibile alle centinaia di persone che ogni giorno si affacciano nella grande sale che accoglie la Pietà Rondanini: certamente è una testimonianza di quanto sia contemporanea e parli alla vita di oggi quell’opera di quasi mezzo millennio fa.
In realtà non si tratta di uno, ma un doppio video che va in sincrono su due schermi accostati: a sinistra riconosciamo gli ambienti di casa, a destra invece quelli del museo. È un continuo rimbalzo di gesti in piena continuità, grazie alla quale anche l’ospitalità in un luogo tanto speciale è colmata di gesti normali. Tra l’azione di mamma e figlia e quella scultura si stabilisce una familiarità straordinaria, come se fossero fatte l’una per l’altra. Ci sono momenti straordinariamente toccanti nei due video, come quando la videocamera ci restituisce la soggettiva del punto di vista di Ester, costretta a passare gran parte della sua giornata sdraiata: vediamo così il soffitto della sua cameretta e poi quello del museo dove tra fregi sono tracciati i versetti del Credo. Ed è emozionante il momento in cui la mamma davanti alla Pietà, tenendo tra le braccia la bambina le canticchia il motivo che più le piace: sono le note struggenti de La ceseta de Transacqua...