La scienziata Elena Cattaneo: «Le disparità bloccano le ragazze molto presto»
La senatrice protagonista del primo incontro della rassegna “Pensare dalla Ripa”. Faccia a faccia con Giulia BIrolini, originaria di Albino

di Fabio Gualandris
Domenica 2 febbraio ad Albino si è tenuto il primo incontro della rassegna “Pensare dalla Ripa 2025”, che ha visto come protagonista Elena Cattaneo, illustre neurobiologa e professoressa di Farmacologia all’Università degli Studi di Milano.
Membro dell’Accademia dei Lincei e senatrice a vita, la professoressa Cattaneo ha dedicato la sua carriera allo studio delle cellule staminali neurali, con particolare attenzione alla malattia di Huntington. Nel corso degli anni, ha coordinato numerosi progetti di ricerca a livello europeo e vanta una vasta produzione scientifica e divulgativa. Il suo libro più recente, Scienziate: storie di vita e di ricerca, racconta il percorso e i contributi di donne che hanno segnato il mondo della scienza.
Tra il pubblico presente in auditorium anche Giulia Birolini, collaboratrice di Cattaneo e originaria di Albino. Al termine dell’incontro, Birolini ha raggiunto la senatrice a vita per rivolgerle alcune domande, dando vita a un interessante scambio di riflessioni.
Professoressa Cattaneo, cosa l’ha spinta a intraprendere la carriera scientifica e a specializzarsi nello studio delle malattie neurodegenerative, in particolare della Còrea di Huntington?
«La passione è cresciuta nel tempo. Dopo il liceo avevo deciso di studiare Farmacia per le possibilità lavorative più che per un’attitudine alla ricerca. All’ultimo anno un professore ci suggerì di optare per una tesi sperimentale per fare un’esperienza in un laboratorio. Mi incuriosì, così pochi mesi dopo mi ritrovai in un’azienda farmaceutica dove ogni mattina attendevo impaziente davanti a un grande plotter i risultati dei miei esperimenti del giorno prima. Lì ho compreso il fascino di poter “vedere l’invisibile”».
E poi?
«Poi è stato un crescendo. Dopo laurea e dottorato sono volata al Mit di Boston e ho lavorato al fianco di Ron McKay, pioniere degli studi sulle cellule staminali. Soprattutto, al Mit ho incontrato Nancy Wexler, genetista visionaria che per comprendere le cause della malattia che aveva colpito la sua famiglia mise in piedi un’impresa scientifica e umanitaria straordinaria, fondamentale per la ricerca. La malattia era appunto l’Huntington. Rientrata in Italia la mia strada era tracciata».
Quando nel 2013 è stata nominata senatrice a vita, come ha vissuto questa nuova responsabilità? In un Paese come l’Italia, dove spesso la politica sembra lontana dalla scienza, come si possono avvicinare questi due mondi?
«Ancora oggi, undici anni dopo, vivo quella nomina con enorme onore e sento la responsabilità di portare le evidenze scientifiche nel dibattito pubblico e parlamentare. Ho compreso quanto scienza e politica siano distanti (...)