L'artista Andrea Mastrovito sta preparando un grande regalo per Bergamo
Per la Capitale della Cultura verrà annunciato un suo intervento all'ex Principe di Napoli. Sarà qualcosa che resterà nel tempo
di Paolo Aresi
Andrea Mastrovito lo chiamano ovunque, da New York a Buenos Aires. Ha quarantacinque anni, è sposato con Francesca Signori, che è designer a New York e hanno un figlio, Mattia. A Bergamo lo conosciamo soprattutto per la Crocifissione che sta nella chiesa dell’ospedale Papa Giovanni, la chiesa, progettata da Aymeric Zublena e Pippo Traversi, che viene considerata un capolavoro dell’arte contemporanea.
A Bruxelles di recente ha realizzato dieci grandi tarsie lignee che decorano le pareti della cappella del Foyer Catholique Européen, un ciclo ispirato ad alcuni versetti del vangelo di Giovanni. Lui dipinge, scolpisce anche in luoghi impensabili, adopera le tecniche più disparate, gratta i muri, colpisce a pallonate colorate le pareti...
Ma il suo amore è sempre per Bergamo. E a Grassobbio ha realizzato il suo studio, in un capannone, insieme ad altri due suoi amici, si chiama “The drawing hall”. Qui organizza mostre con i migliori artisti contemporanei. È stato anche reso noto che presto porterà la sua creatività in centro città. Un’iniziativa particolare, di cui per ora si sa poco: Mastrovito, come regalo a Bergamo, realizzerà un’opera diffusa in alcuni spazi dell’ex Principe di Napoli in via Pignolo. Sarà dedicata al tema della famiglia, dell’infanzia, dei passaggi tra generazioni. Al momento di più non è dato sapere, in attesa di una conferenza stampa. E lui, interrogato al riguardo, non vuole parlarne. Ma sicuramente è qualcosa che resterà nel tempo.
Mastrovito, lei vive a New York da anni, ma è sempre legato a Bergamo.
«Non ho mai lasciato la mia città, anche se in certi periodi mi sono fermato per molto tempo a New York, ma il lavoro lo richiedeva e il lavoro ha le sue esigenze che vanno rispettate se vuoi avere la possibilità di esprimerti, di fare il meglio che puoi. Ma Bergamo è la mia famiglia. L’altra sera ero a cena in piazza Sant’Anna, ho detto al mio amico Fabio che ci sono giornate molto belle che trascorro anche a New York, ma qui è diverso».
Perché è diverso?
«Io a New York in alcune giornate vado nelle librerie, vado nei musei, vado a mangiare la pizza in un posto dove la fanno davvero buona, gioco con mio figlio... Sono momenti belli. Ma qui a Bergamo io provo la felicità semplicemente camminando, per una semplice passeggiata. Non so bene perché. Certo, mi ricordo tante cose, qui c’è la mia storia, in ogni angolo della città trovo qualcosa che mi racconta di amici, di fatti, di vita».
Perché se ne è andato?
«Era necessario, bisogna allargare gli orizzonti, a New York trovi di tutto, vedi in un mese cose che qui non incontreresti in cento anni. E poi proprio andando via impari ad apprezzare Bergamo, capisci l’importanza di un certo modo di vivere, di tenere i rapporti con le persone, l’importanza di avere un senso della storia che ti accompagna nelle strade. Le relazioni, gli amici, i conoscenti, i familiari. Le strade, le piazze» (...)