Il parroco ricorda Dietelmo Pievani

L'artista che voleva dare alla Madonna della chiesa di Longuelo il volto di Sofia Loren

L'artista che voleva dare alla Madonna della chiesa di Longuelo il volto di Sofia Loren
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di Ettore Ongis

I funerali di Dietelmo Pievani, classe 1935, artista e uomo straordinario, si sono tenuti lunedì 2 agosto nella chiesa di Longuelo. A guardarlo dall’alto c’era, nella vela absidale, la grande Madonna a bassorilievo che lui stesso aveva progettato. Per chi entra nella parrocchiale in cemento armato, firmata dall’architetto Pino Pizzigoni, l’immagine di quella Immacolata alta sette metri e tutta bianca sorprende e lascia un po’ perplessi. Quando venne nominato parroco di Longuelo, tredici anni fa, don Massimo Maffioletti, appassionato d’arte, pure avvertì quella perplessità. Ma dopo che, nel 2016, ebbe avviato la ristrutturazione della chiesa, volle conoscere gli artisti che ci avevano lavorato. Risale ad allora l’incontro con Pievani. L’ultimo è stato il 13 luglio, diciassette giorni prima della scomparsa del pittore.

Don Massimo, che ricordi ha di Pievani?

«Nel nostro primo incontro gli feci alcune domande sulla chiesa di Longuelo e sul suo lavoro. Lui ribadì più volte che l’idea di quella Madonna era totalmente sua».

Come mai questa sottolineatura?

«Ero convinto che lui fosse semplicemente l’esecutore dell’opera, ma che l’ideatore fosse l’architetto Pizzigoni, che lo aveva chiamato a realizzarla. In realtà, mi dimostrò, carte alla mano, che la Madonna era sua».

Giusto precisare.

«Pievani era un uomo di grande libertà e schiettezza. Non ha mai cavalcato lo star system degli artisti, neanche a Bergamo. Ha vissuto, per così dire, ai margini. Non ha avuto il successo e neppure la fortuna di un Longaretti, di un papà Bonfanti, di un Maffioletti. È sempre stato in disparte e ha fatto un suo personalissimo percorso, non legato all’arte figurativa, ma all’arte moderna, astratta. Lui cercava la forma perfetta».

Eppure la Madonna di Longuelo è figurativa…

«È evidente. Ma mi disse che allora la sua intenzione era, da un lato, quella di rispettare i canoni di una sostanziale bellezza classica; dall’altro, rappresentare la bellezza italica. Me lo ha confermato ancora quindici giorni fa: lui voleva che il volto della Madonna fosse quello della più bella donna in circolazione in quegli anni, Sofia Loren. La Madonna di Longuelo doveva avere il volto di Sofia Loren».

E invece?

«Pizzigoni glielo proibì e gli impose il volto di sua figlia».

Com’è andato l’ultimo incontro?

«Mi aveva chiamato perché voleva mostrarmi un crocifisso che aveva realizzato quando ancora dipingeva con stile figurativo. Mi disse che gli sarebbe piaciuto se un giorno lo avessi messo nella chiesa di Longuelo… Poi riprese il discorso sulla Madonna e in particolare sul manto a scacchiera».

E cosa le rivelò?

«Che era un omaggio all’estetica di quegli anni. Le donne andavano in giro con abiti simili e per dimostrarmelo tirò fuori immagini della moda del tempo prese dalle riviste. Era la moda che rubava dai Mondrian e da altri artisti, e poi le cose si compensavano: l’arte rubava dalla moda».

 

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Qual era la sua idea di fondo nel realizzare quella Madonna?

«Rendere omaggio alla bellezza femminile, su questo non ci piove».

Ma non è andata del tutto come avrebbe voluto…

«Ha dovuto accettare alcune richieste dei committenti. E la più difficile da digerire fu il bambino che si vede nel grembo della Madre».

In che senso?

«Lui e Pizzigoni avevano pensato che ci fosse solo l’effigie sacra della Madonna, ma dalla Curia arrivò l’ordine di metterci anche il bambino. Per questo è stato inserito quella specie di Cicciobello, me lo lasci definire così, che non c’entra molto col resto, sembra appiccicato. Pievani avrebbe voluto che fosse un omaggio alla femminilità più che alla maternità».

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Era un uomo religioso?

«Con gli artisti come si fa a dirlo? Non era un uomo che frequentava le chiese, anche se il figlio Marco l’altro giorno mi ha detto che i suoi più grandi amici sono stati dei preti. Di certo aveva una sensibilità religiosa e mi ha colpito molto il fatto che ci tenesse a farmi vedere quel crocifisso».

Lei lo metterebbe nella chiesa di Longuelo?

«Se il figlio vorrà darcelo, lo esporrò volentieri. In ogni caso, mi piacerebbe nei prossimi mesi fare qualcosa per rendere omaggio a questo artista».

In molti hanno ricordato il suo carattere schivo, difficile.

«Non risparmiava i suoi giudizi taglienti neanche a me. Mi ha sempre detto che tutti gli interventi che abbiamo fatto sulla chiesa, io e i miei predecessori, a partire dalle vetrate, sono stati sbagliati».

Perché sbagliati?

«Perché lui, Pizzigoni e il Nani, l’altro artista che aveva lavorato con loro, avevano concepito quella chiesa in maniera assolutamente essenziale: non ci sarebbe dovuto essere nient’altro. Capisco però anche il mio predecessore, don Martino Lanfranchi, che quando dall’altare si guardava attorno durante le celebrazioni (con la Madonna alle spalle) non aveva un appiglio sul quale posare gli occhi. Pizzigoni aveva in testa uno stile “brutalista”, da fabbrica, una tenda spartana, priva di qualsiasi immagine, come nelle chiese romaniche. Il portale non doveva essere quello che si vede adesso. E aveva perfino immaginato che la chiesa, cemento e ferro, diventasse tutta arrugginita e addirittura non avesse il pavimento. Lui avrebbe voluto la ghiaia. Fu la Curia a fermarlo e a dirgli che celebrare col rumore della ghiaia sotto le scarpe sarebbe stato un po’ complicato».

Lei ha voluto metter mano a tutto quel cemento.

«Sono convinto che se Pizzigoni fosse ancora vivo e vedesse la sua chiesa oggi, ristrutturata e candida, si volterebbe dall’altra parte».

Lei alla fine si è riconciliato con la Madonna di Pievani?

«Quando sono arrivato, se avessi potuto l’avrei eliminata. Adesso invece mi sono ricreduto, perché ho capito la forza che ha avuto sulla gente. E meno male che ho ascoltato il sentimento popolare e non il mio orgoglio. Ora sono convinto che la chiesa di Longuelo sarebbe inconcepibile senza quella “concezione”, senza quella Immacolata concezione».

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