“Ponyo sulla scogliera” ci parla dell'eterno scontro tra civiltà e natura
Lucky Red con “Un mondo di sogni animati” riporta al cinema classici di Hayao Miyazaki e dello Studio Ghibli
Di Fabio Busi
Ha molto più senso andare a vedersi i vecchi film di Miyazaki al cinema, piuttosto che perdere tempo con certi titoli di opinabile valore. I lungometraggi proposti, oltre a “Ponyo”, sono “Kiki”, “Laputa”, “Totoro” e “Si alza il vento”.
Il primo è una fiaba sull'eterno scontro e influenza reciproca tra uomo e natura, su come l'essere umano possa intaccare nel profondo le creature, mutarle, accendere in loro un desiderio di metamorfosi. Ponyo è una pesciolina figlia di un uomo marino e di una dea, ma quando giunge in contatto con Sosuke e ne assaggia il cibo (oltre al sangue) scatta in lei il desiderio di diventare umana.
La trasformazione non sarà indolore, porterà sconvolgimenti climatici e maree altissime. L'avventura si risolve in termini fanciulleschi, quasi una gita in mezzo a una pseudo-apocalisse. La ricchezza tipica dell'autore sta nella filigrana altamente problematica che accompagna il tutto. Dietro alla storia dei bimbi, c'è la grande questione dell'uomo che intacca i mari, li muta, ne altera l'essenza. Ne corrompe la magia. C'è un uomo delle profondità oceaniche che sceglie la natura e la sua energia, dirompente ma grezza, e c'è l'uomo urbano che fa valere la sua tecnologia (pur non mirabolante) e vorrebbe in qualche modo plasmare tutte le creature a sua immagine. In mezzo c'è Ponyo, che tenta la transizione da una parte all'altra.
Questo porta sconvolgimenti catastrofici, ma non è un percorso impossibile o sbagliato a priori. La metamorfosi ha tuttavia un costo, chiede rinunce. Non è possibile avere i benefici della civiltà e mantenere la magia della natura. Se c'è amore e spirito di sacrificio, però, i due mondi possono comunicare.
Un film ritenuto minore e declinato su un immaginario semplice, quasi stilizzato, che porta comunque questioni di un certo peso e problematizza ogni passaggio. Per questo Miyazaki va fatto vedere ai bambini: pone problemi concreti e chiede di risolverli, non regala soluzioni semplicistiche e, cosa sempre più rara, non sottovaluta l'intelligenza dei più piccoli.