C'è tanto lavoro e le aziende bergamasche tornano a "prenotare" i giovani nelle scuole
Nel secondo trimestre oltre 9 mila contratti per ragazzi tra i 15 e i 24 anni e altrettanti tra i 25 e i 34. Anche l'occupazione femminile registra un più 5%
di Wainer Preda
In barba ai profeti di sventura, l’economia bergamasca vola. I dati diffusi dall’Istat e da Confindustria dicono che è in atto una ripresa molto robusta. E la conferma arriva anche da Confartigianato Lombardia. Come dicevamo in un’inchiesta di PrimaBergamo della scorsa settimana, le esportazioni crescono a un livello mai visto nell’ultimo decennio. Nel secondo trimestre del 2021 hanno fatto segnare un balzo del 50,9 per cento. Nei primi sei mesi abbiamo esportato per 8,2 miliardi di euro. Mentre il saldo trimestrale della nostra bilancia commerciale è positivo per 1,8 miliardi. Tutti segnali di un forte slancio economico.
I vaccini hanno evitato un’ecatombe. Il blocco dei licenziamenti, la macelleria sociale. Ma le previsioni che parlavano a priori di nuove drammatiche ondate del virus e catastrofi in campo economico si sono rivelate sbagliate, almeno da noi. Siamo sopravvissuti, pur indebitandoci con l’Europa e grazie all’Europa che ha preso finalmente coscienza dei problemi reali. E che ora sta comprando prodotti bergamaschi su larga scala. Le nostre esportazioni superano del 4,6 per cento quelle dell’estate 2019 quando la pandemia era lontana. Esportiamo in Germania, dove nell’ultimo trimestre hanno acquistato prodotti made in Bergamo per oltre 800 milioni di euro. Segno più anche in Francia, Spagna e Gran Bretagna. E Polonia, Svizzera, Olanda e Austria. I nostri prodotti fanno segnare più 48 per cento negli Usa, più 80 in Sudamerica, addirittura più 108 per cento in Cina.
La ripresa, dice il “Rapporto industrializzazione 2021” di Confindustria, è cominciata nel terzo trimestre del 2020, per poi crescere a ritmi impressionanti. Ma a dire il vero, fra “attività essenziali”, deroghe più o meno forzate, e protocolli di sicurezza interni a volte più rigidi di quelli nazionali, dicono i dati della Cisl, l’economia bergamasca non si è mai fermata del tutto, nemmeno durante l’emergenza (anche se l’export non era certo quello dei tempi d’oro, visto che i mercati erano praticamente chiusi). La ripresa delle esportazioni ha trascinato anche l’indotto e le aziende più piccole. Secondo il rapporto di Confartigianato Lombardia presentato nei giorni scorsi, la crescita delle micro e piccole imprese bergamasche è migliore di quelle di Brescia e Milano. A livello lombardo sono previste 146 mila nuove assunzioni nel prossimo periodo, molte delle quali in Bergamasca.
Ora la domanda fondamentale è: quanto durerà? Gli effetti del Piano di ripresa e resilienza nazionale si faranno sentire per un po’. Ma è evidente, lo ha detto il presidente di Confindustria Bergamo, Stefano Scaglia, che per mantenere questo livello di prosperità serviranno dei correttivi.
Il reddito di cittadinanza ha salvato molte famiglie, anche in Bergamasca, ha certificato l’Inps. Circa 6900, per un totale di 15 mila persone. Il fenomeno del poltronismo (o se preferite “l’effetto divano”), da noi, non c’è stato. In pochi rifiutano il lavoro che viene loro proposto. Anche perché il nostro costo della vita non consente di sopravvivere con 700 euro. In due anni hanno (ri)trovato lavoro 2400 persone. Oltre 1500 a tempo indeterminato. Novemila sono le persone attualmente seguite dai Centri per l’impiego. Il tasso di disoccupazione in Bergamasca è al 3 per cento. Basso. Ma abbiamo un problema strutturale irrisolto. Quello della mancanza di manodopera generica, specializzata e di tecnici che, a lungo andare, rischia di minare la nostra economia. Lo ha riconosciuto Scaglia.