Chiudono le botteghe in Bergamasca: politici, perché non intervenite?
Lettera aperta del presidente di Confesercenti Antonio Terzi ai consiglieri regionali. «I negozi che abbassano le serrande sono un problema sociale»
di Luigi de Martino
Il punto di partenza è una ricerca di Confesercenti secondo la quale nel nostro Paese, ogni ora, due negozi di vicinato abbassano le serrande. Quarantotto negozi al giorno, un’enormità. Lo studio non dice quanti ne aprono, ma per rendersi conto che il saldo è pesantemente negativo basta percorrere i centri storici dei nostri paesi.
Piccolo è bello solo in campagna elettorale, poi tener vivo un esercizio commerciale diventa un’impresa quasi impossibile e soprattutto solitaria. Il libero mercato coi suoi centri commerciali e l’online hanno sterminato i negozi sotto casa.
Ecco allora che, appena dopo il rinnovo dei vertici regionali, Antonio Terzi, presidente di Confesercenti Bergamo, ha preso carta e penna e scritto una lettera ai Consiglieri eletti. Per chiedere loro di esserci, e non solo a parole, in questa battaglia che prima ancora che essere un problema economico, è un tema sociale. Sempre che non sia già troppo tardi.
Presidente, ma voi davvero credete che per i negozi di vicinato ci sia ancora un futuro?
«È una domanda che ci facciamo sempre, se dovessimo dare una risposta negativa verrebbe meno anche il nostro impegno. Personalmente credo che sia ancora possibile salvare i negozi superstiti».
Ha qualche elemento per dirlo?
«Mi pare che nella popolazione stia tornando una sensibilità positiva verso queste realtà. Speriamo che non sia solo un’illusione».
Di certo intanto spuntano supermercati…
«Ovunque».
Che si fanno concorrenza tra di loro anche aprendo a pochi metri l’uno dall’altro.
«Esatto».
E quindi?
«E quindi quando si parla con le istituzioni tutti si dicono a favore delle botteghe e dei servizi sul territorio - in campagna elettorale anche con una certa enfasi -, ma poi, nel post voto, cala un silenzio assordante. E allora alcuni sindaci, di fronte alla proposta dell’ennesimo supermercato, si lasciano attrarre dalla possibilità di rimpinguare le casse comunali con gli oneri di urbanizzazione, magari un bel parcheggio, una rotonda o un pezzo di ciclabile. Si sacrificano zone verdi cementificandole, si sigillano altre saracinesche di negozi in paese e anche nei paesi vicini».
Come si esce da questa situazione?
«La prima cosa che stiamo chiedendo è che le richieste di aprire nuovi supermercati non passino più solo dal singolo Comune. È vero che sono i Comuni che ricevono le domande, ma le ricadute sono su tutto il circondario. Non ci si scappa: occorrono strumenti di pianificazione commerciale e urbanistica sovraccomunale (...)