lo studio della camera di commercio

Crescono gli investimenti, ma le chiusure limitano la ripresa di commercio e servizi

Da un’indagine condotta in collaborazione con Unioncamere Lombardia, tra le imprese bergamasche si inizia a registrare qualche miglioramento

Crescono gli investimenti, ma le chiusure limitano la ripresa di commercio e servizi
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Nonostante gli effetti negativi della pandemia facciano sentire ancora il proprio peso, le imprese bergamasche dopo oltre un anno iniziano a registrare qualche lento miglioramento. O almeno questo emerge da un’indagine condotta il mese scorso dalla Camera di Commercio di Bergamo con la collaborazione di Unioncamere Lombardia.

Rispetto ai dati raccolti a luglio 2020 è calata la percentuale di imprenditori che dichiara di aver subìto perdite difficilmente recuperabili. Quest’ultima categoria, che rappresenta un segmento di imprese ad alta vulnerabilità, diminuisce soprattutto nell’industria, dove passa dal 16% all’8%, mentre nell’artigianato, nei servizi e nel commercio al dettaglio oscilla ancora tra il 20% e il 30%.

Le difficoltà legate alle restrizioni anti-Covid restano centrali per le imprese del terziario (50% nel commercio e 31% nei servizi), dove comparti come alloggio e ristorazione, servizi alla persona e commercio non alimentare sperimentano ancora limitazioni significative. Risultano però fortunatamente in calo i problemi finanziari e di liquidità.

«L’indagine camerale condotta su un campione di imprese bergamasche mostra un quadro ancora segnato dagli effetti della pandemia ma in netto miglioramento rispetto a luglio 2020. Le misure di sostegno sembrano aver ridotto l’impatto finanziario della crisi – commenta il presidente Carlo Mazzoleni -. Cresce anche la quota d’imprese che sta realizzando o progettando nuovi investimenti, specialmente nell’industria. I livelli occupazionali sono stati sostanzialmente preservati, ma la situazione nei servizi desta maggiori preoccupazioni».

La reazione delle aziende

Nonostante la crisi, una quota rilevante d’imprese ha reagito in maniera dinamica, realizzando o progettando nuovi investimenti: si tratta di un segmento pari a circa il 30% nell’industria e al 20% nel terziario.

Le strategie di reazione sono legate soprattutto alla ricerca di nuovi clienti e mercati, in particolar modo nel settore manifatturiero, mentre il potenziamento dei servizi e il lancio di prodotti innovativi assume maggiore rilevanza nel commercio, impegnato a progettare soluzioni adeguate all’e-commerce e alle consegne a domicilio.

Sul fronte occupazionale la cassa integrazione risulta essere ancora utilizzata da circa il 40% delle aziende. Ciò ha consentito di limitare il ricorso ai licenziamenti, al blocco delle assunzioni e al mancato rinnovo di contratti in scadenza. Anche in questo caso chi ha subito i contraccolpi maggiori sono le attività legate al settore della ristorazione, caratterizzate da un’elevata quota di forza lavoro inquadrata con contratti a tempo determinato o comunque poco protetti.

Smart working bocciato

Lo smart working, pur essendo stato adottato dal 60% delle imprese, raccoglie giudizi ambivalenti: la maggior parte degli imprenditori bergamaschi pare orientata a non mantenere questa forma di lavoro una volta terminata l’emergenza sanitaria. La stima della quota di imprese che utilizzerà forme di lavoro agile nel periodo post-Covid è comunque decisamente superiore ai livelli precedenti la pandemia: 10% per l’industria, 4% per il commercio, 6% per i servizi.

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