Ha riaperto il 26 luglio

Dopo la Pandizucchero, il caso della panetteria Nessi, chiusa temporaneamente per mancanza di personale

La storica attività di Città Alta ha fatto tre settimane di pausa perché senza abbastanza dipendenti. Per i titolari la colpa è di sussidi e tasse

Dopo la Pandizucchero, il caso della panetteria Nessi, chiusa temporaneamente per mancanza di personale
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Dopo il caso della gelateria Pandizzucchero di Almè, che ha dovuto ridurre gli orari d’apertura per difficoltà nel trovare personale, arriva la vicenda della nota panetteria Nessi in Città Alta che, sempre per mancanza di dipendenti, è rimasta chiusa dal 3 luglio scorso e ha riaperto solo oggi, martedì 26 luglio, dopo tre settimane di inattività.

La vicenda, riportata dal Corriere Bergamo, porta ancora una volta la discussione sulla presunta poca volontà di fare mestieri di questo tipo, ovvero cameriere o dipendente nel laboratorio del “retrobottega”, rispetto alla disponibilità di sussidi e sostegno dei genitori, anche se stavolta i titolari hanno anche imputato la causa alle tasse troppo alte nel nostro Paese. «Ferie per mancanza di personale», c'era scritto sul cartello che fino a ieri campeggiava in vetrina.

«Prima o poi dovevamo riaprire, ma questa problematica è reale e comune a diversi esercenti - ha commentato al Corriere Andrea Nessi, 37 anni, che insieme al fratello Simone, 39 anni, è titolare della panetteria -. Il nostro settore è un po’ un porto di mare, la gente va e viene. Sono almeno cinque o sei anni che viviamo questa criticità, ma un tempo si riuscivano a coprire i posti che rimanevano vacanti».

I due proprietari, insieme ai loro cinque dipendenti, fino a poco tempo fa riuscivano a districarsi con i turni nel negozio e in laboratorio, ma l’improvviso abbandono di due lavoratori li ha messi in difficoltà e, non riuscendo a trovare nessuno disponibile a sostituirli, hanno deciso di prendersi una pausa per riorganizzarsi. Interrogato su quali fossero secondo lui le motivazioni di questa “scarsità d’offerta” nel mercato del lavoro, Andrea ha risposto che, a suo parere, assegni di disoccupazione, sussidi vari e sostegni come il Reddito di cittadinanza influiscano sul mercato.

Ha poi aggiunto: «Se per un part-time versiamo tra i 1.300 e i 1.400 euro lordi e lo Stato ne riscuote 400 in tasse, al lavoratore vanno circa mille euro. Chi ha un sussidio spesso guadagna più o meno la stessa cifra, senza considerare che poi qualcuno aggiunge anche altri piccoli lavoretti per arrotondare». Oltre a queste considerazioni, il proprietario ha anche rivelato che diverse persone avrebbero lasciato contratti a tempo indeterminato dopo poco più di un mese di lavoro: una situazione allarmante, che potrebbe portare a una mancanza di ricambio generazionale.

Situazione simile, anche se non proprio uguale, alla gelateria Pandizzucchero, dove lo chef Ronald Tellini aveva spiegato che, dopo un tirocinio iniziale di tre mesi a 900 euro mensili, ai lavoratori si proponeva un apprendistato di 42 mesi a mille euro netti mensili, con 5,80 euro pagati all’ora. Condizioni che a suo parere non spiegherebbero le defezioni tra i dipendenti e la mancata risposta, dopo gli appelli fatti per rimpiazzarli, da parte di chi cercava un impiego. Dichiarazioni a cui era seguita una lettera, scritta a Bergamonews da un ex dipendente, in cui, pur ribadendo la serietà dell’impresa, si rendeva nota la poca disponibilità a concedere permessi per motivi di emergenza.

Insomma, se da una parte gli imprenditori ritengono che lo Stato con i sussidi (insieme alle tasse troppo onerose) e la famiglia con il sostegno diretto rendano più conveniente per un giovane stare a casa, dall’altra c’è forse la considerazione per cui, al giorno d’oggi, le nuove generazioni sono molto meno disposte ad accettare con abnegazione ciò che viene imposto sul lavoro. Magari preferendo realizzare i loro progetti, piuttosto che passare attraverso una lunga fase in cui svolgono mansioni che non li appagano, a volte con datori molto meno generosi di quelli dei due casi considerati.

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