l'allarme

Gli effetti della crisi sul tessile bergamasco, in provincia 300 posti a rischio immediato

A rischiare la chiusura o tagli del personale sono tanto i grandi nomi quanto le piccole e medie imprese artigiane

Gli effetti della crisi sul tessile bergamasco, in provincia 300 posti a rischio immediato
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Una ventina di aziende bergamasche operanti nel settore della moda, dai grandi nomi alle piccole e medio imprese artigiane, corrono il rischio di dover ridurre il personale (o nella peggiore delle ipotesi chiudere) nel caso in cui la crisi economica dovesse protrarsi. Tradotto in numeri significa che circa 300 lavoratori sparsi per la provincia sono a rischio licenziamento. È la stima, ancora provvisoria, fatta dalla Femca Cisl di Bergamo. Infatti, i dipendenti in bilico «potrebbero essere molti di più – fanno sapere dal sindacato -. Già oggi una piccola confezione artigiana di 8 persone ha chiuso la propria attività».

In provincia sono circa 230 le aziende che si riconoscono nei contratti collettivi nazionali del lavoro dell’industria, della piccola e media industria e degli artigiani del comparto tessile, più altre 20 di altri contratti del comparto moda quali calzature, lavanderie, concia, pelli e cuoio. Una rete di imprese che dà lavoro nel complesso a circa 18 mila addetti, di cui 17 mila solo nel tessile.

L’unico comparto ad aver avuto un rimbalzo positivo, grazie all’emergenza sanitaria, è quello che si occupa dei filati in tessuto non tessuto, materiale impiegato nella produzione delle mascherine multistrato.

In tutti gli altri settori si è registrato un calo sia della produzione, sia del fatturato. Oggi le aziende in difficoltà produttiva stanno utilizzando la cassa Covid. «La situazione ancora non è rosea – commenta Cristian Verdi, segretario generale di Femca Cisl Bergamo -. Usciamo da un anno che, nonostante la piccola ripresa di fine 2020, ha lasciato una perdita secca del 40 per cento. E il 2021 non si è presentato meglio. La contrazione dei consumi non favorisce certo previsioni positive».

La preoccupazione è che, nel caso in cui non si verificasse una netta ripresa dei consumi, con lo sblocco dei licenziamenti a fine marzo, le aziende arrivino a presentare piani di riduzione del personale. «Per questo continueremo a chiedere la proroga della cassa integrazione Covid – conclude Verdi -, il mantenimento del blocco dei licenziamenti e di un piano di aiuti per le imprese che vogliono investire nel tessile, patrimonio del comparto manifatturiero bergamasco».

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