Che affare!

I Percassi hanno trovato... l'America: un miliardo per la maggioranza di Kiko

Il 26 aprile è stato ufficializzato il passaggio del 70 per cento circa del marchio della famiglia bergamasca al fondo americano L Catterton

I Percassi hanno trovato... l'America: un miliardo per la maggioranza di Kiko
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di Andrea Rossetti

Se c’è una qualità che molti riconoscono ad Antonio Percassi è la pazienza. Non tanto con le persone, ma negli affari. Quando l’imprenditore di Clusone crede davvero in un progetto, è paziente. Oltre che soldi, è disposto a investire uno dei beni più rari e preziosi: il tempo. E Kiko Milano, la cui maggioranza è stata ceduta nei giorni scorsi al fondo americano L Catterton, ne è l’esempio migliore.

Antonio Percassi

La nascita e l’ascesa

Fondata nel 1997 da Antonio Percassi e da suo figlio maggiore, Stefano, Kiko rappresentava una scommessa per una realtà imprenditoriale nata - e poi diventata grande, grandissima - sul retail. Un brand proprio, non già famoso, sul quale dunque investire anche in termini di pubblicità e marketing. Kiko non divenne subito grande, tutt’altro.

Inizialmente, l’idea era di proporre prodotti cosmetici di fascia alta, ma il mercato non rispondeva. E i conti non tornavano. Si decise allora di svendere tutto a basso prezzo. Fu un boom: tutti i prodotti vennero venduti nel giro di due giorni. I Percassi si resero conto che, nonostante tutti consigliassero di lasciar perdere, cambiando modello di business le cose potevano funzionare. Erano i primi anni Duemila.

Da allora, l’ascesa del brand bergamasco è stata costante: nel 2001 Kiko registrò circa due milioni di ricavi, nel 2012 erano saliti a 351 milioni. Numeri incredibili, un vero e proprio caso imprenditoriale.

Le difficoltà e la rinascita

Nel 2014, però, le cose cambiarono: la decisione di espandersi all’estero, soprattutto in America, portò l’azienda a un forte indebitamento bancario. Parallelamente, non tutte le nuove aperture funzionarono. Anzi, negli States le cose non andarono affatto bene, tant’è che (...)

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