Quale direzione?

I timori dei piccoli imprenditori bergamaschi sulla fusione Promoberg-Bergamo Fiera Nuova

Gori non ha nascosto di gradire una fusione, ma non sempre "più grosso è più bello" e anche l'ultimo gioiellino potrebbe finire in mani non bergamasche

I timori dei piccoli imprenditori bergamaschi sulla fusione Promoberg-Bergamo Fiera Nuova
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di Wainer Preda

Per 17 lunghissimi mesi è stata il “secondo ospedale” di Bergamo. Dalla scorsa estate, però, è tornata alla destinazione originaria. La Fiera di Bergamo è in piena attività. E con la nostra economia in spolvero, diventa un tassello basilare per il rilancio della Bergamasca.

Molto dipenderà dall’organizzazione interna. Promoberg, per intenderci, cioè l’ente di gestione. Uno dei centri di potere più importanti del nostro territorio. Dopo l’indagine della magistratura, con sei persone rinviate a giudizio, il nuovo Cda ha fatto il repulisti. Anzi, di più. L’11 giugno scorso, l’assemblea dei soci ha deciso la trasformazione da associazione riconosciuta senza fini di lucro in società a responsabilità limitata (Srl). Il Comune, la Provincia e la Camera di Commercio - che sono soci istituzionali in Bergamo Fiera Nuova spa, la società che detiene le strutture - non fanno più parte dell’organo amministrativo di Promoberg.

Il Cda presieduto da Fabio Sannino è sceso a otto componenti. Sono lo stesso Sannino, Matteo Zanetti e Luciano Patelli, Renato Giavazzi, Lorenzo Cereda, Giuseppe Cristinelli, Lorenzo Pinetti, Carlo Loffreda. A loro guidare la transizione verso la nuova fase, che terminerà formalmente nei prossimi giorni. Il che vuol dire nuovo regime di controllo contabile, amministrativo e societario, certificazione dei bilanci attraverso società riconosciute, inquadramento civilistico e trasparenza. Il bello, però, viene da lì in avanti.

In quale direzione si andrà? Il sindaco Gori non ha nascosto di gradire una fusione tra Promoberg e Bergamo Fiera Nuova. Una sola società, che faccia e gestisca tutto, patrimonio immobiliare compreso. Magari con ambizioni che vadano oltre il territorio bergamasco. Belle intenzioni, apprezzabili, per taluni persino vantaggiose. Solo che dietro “al più grosso più bello”, spesso, si cela più di un’insidia. Il passaggio dalla dimensione locale alla successiva non sempre è indolore. Lo insegna la storia di questa provincia. L’hanno imparato a loro spese persino gli industriali con la fallita aggregazione Confindustria Bergamo-Lecco e Sondrio. Lo sanno bene le piccole realtà del territorio. Perché lo hanno constatato di persona: le grandi fiere internazionali sono fuori portata, oltre che in grossa difficoltà finanziaria. Il timore è che anche l’ultimo “gioiellino” rimasto in Bergamasca per la promozione delle imprese faccia la fine di altri gioielli locali, assorbiti a suon di fusioni da società più grosse che ne hanno fatto un sol boccone, lasciando i bergamaschi in brache di tela. (...)

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