La scelta di Italcanditi

Il putiferio scatenato dai marrons glacés "sfilati" da Pedrengo alla Toscana

Il paese di Marradi in rivolta. E per difendere il borgo del Mugello intervengono perfino il sindaco di Firenze e il segretario del Pd Enrico Letta

Il putiferio scatenato dai marrons glacés "sfilati" da Pedrengo alla Toscana
Pubblicato:

di Wainer Preda

Un paese di montagna. Duemila anime o poco più, che vivono in case abbarbicate l’una all'altra. Un ponte antico sul fiume, e una via principale attraversa tutto il paese, fino alla chiesa. Potrebbe essere la Valbrembana o la Valseriana, se ne accorgerebbero in pochi. Invece si trova sul versante romagnolo dell’Appennino. Si chiama Marradi. Per uno strano destino amministrativo, fa parte del Mugello e di Firenze. A differenza delle nostre valli, ha un’unica fabbrica. Ironia della sorte, posseduta da un’azienda d’origine bergamasca, l’Italcanditi di Pedrengo.

Lo stabilimento toscano produce marrons glacés e poi castagne e marroni raccolti dai vicini castagneti. Dà lavoro all'intera comunità. Tutti hanno almeno un parente, un amico, un conoscente in quella fabbrica. Ci lavorano una decina di persone fisse. E un’ottantina di stagionali, soprattutto donne. Per sei mesi l’anno, dall'estate all'inverno. Gli impianti sono di proprietà della Ortifrutticola del Mugello srl. «Impresa specializzata nella lavorazione di castagne e marroni per marchi terzi e grande distribuzione, nonché ingredienti a base di castagne per l’industria dolciaria e alimentare», si legge sul sito internet. Produce settemila tonnellate l’anno di castagne.

Nell’agosto 2020 Italcanditi - leader italiano ed europeo nella produzione di semilavorati per l’industria casearia, dolciaria e lattiera -, decide di comprarsela. Un’acquisizione del 100 per cento. Come se ne fanno tante. Consente all'azienda di Pedrengo di rafforzare la sua presenza nella nicchia dei marrons glacés. Passa un anno e mezzo e Italcanditi decide di spostare tutta la produzione dei marrons glacés di Marradi nel suo stabilimento principale, alle porte di Bergamo. Si chiama delocalizzazione. Legittima, per carità. Razionalizzazione dei costi. Ottimizzazione dei processi. Strategia industriale.

Apriti cielo: per Marradi, e per i paesi limitrofi che vivono sull'indotto, è una mezza tragedia. I sindacati picchiano duro: «Inaccettabile». La Cgil punta il dito: «Scelta scellerata». Poi intervengono il sindaco Tommaso Triberti che parla di «pugnalata al cuore» del paese, il sindaco di Firenze Dario Nardella e persino il leader del Partito Democratico Enrico Letta che promette di portare la vicenda in Parlamento.

Eppure Italcanditi non ha parlato di licenziamenti. Ha offerto alle nove persone assunte a tempo indeterminato, di cui due dirigenti, di trasferirsi a Bergamo. Ma ai sindacati non basta. «Noi gli abbiamo chiarito un concetto per noi imprescindibile - dice la Flai Cgil di Firenze -, le persone sono un’ottantina. Poco importa se tecnicamente la procedura prevede l’apertura solo per quelle nove persone. Tempi indeterminati e stagionali per noi sono la stessa cosa, anche se la norma sui trasferimenti/cessazioni aziendali non lo dice».

Umanamente comprensibile, per carità. Ma certo non un bel modo per trovare un punto d’incontro, che salvi almeno il salvabile. E infatti al tavolo di crisi aperto in Regione, lunedì mattina, la proprietà di Italcanditi non si presenta. Ci sono i rappresentanti della Regione, di Firenze, il sindaco di Marradi e i sindacati. Che ora chiedono una seconda riunione. E dire che margini di manovra, vista l’organizzazione dei processi produttivi, potrebbero anche esserci. (...)

Continua a leggere su PrimaBergamo in edicola fino al 13 gennaio, oppure in versione digitale cliccando QUI

Seguici sui nostri canali