In provincia di Bergamo le donne guadagnano mediamente il 30% in meno degli uomini
Il reddito medio femminile è di poco superiore ai 22 mila euro, mentre quello dei colleghi uomini è di 30.473 euro; una differenza pari a 8.456 euro
Il reddito medio delle donne con un lavoro dipendente a Bergamo, in un anno, è di poco superiore ai 22 mila euro, mentre quello dei colleghi uomini è di 30.473 euro; una differenza di trattamento salariale pari, in media a 8.456 euro, in aumento rispetto ai dati del 2020 e sempre a sfavore del genere femminile.
Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio Cisl, a Bergamo gli stipendi delle donne sono più leggeri di circa il 30%. Ma non solo, in un anno le retribuzioni maschili sono cresciute del 67% in più rispetto a quelle delle colleghe donne: la media dei redditi maschili è passata, negli ultimi dodici mesi, da 29.929 a 30.473 euro, mentre quelli femminili da 21.650 a 22.017 euro.
«Servono interventi e misure sia a livello nazionale sia locale per sostenere le politiche di conciliazione vita-lavoro, evitando così di penalizzare soprattutto le donne – sottolinea il segretario generale bergamasco della Cisl Francesco Corna -. Va nella giusta direzione il Family Act, che prevede tra l’altro un assegno mensile universale per tutti i figli fino all’età adulta, sconti per gli asili, agevolazioni per gli affitti delle coppie under35, o detrazioni fiscali delle spese dell’affitto per i figli maggiorenni iscritti a un corso universitario».
Il sindacato, nel redigere questo studio, ha analizzato i modelli del 730 presentati in tutto il territorio provinciale: nel complesso sono state circa 42 mila le dichiarazioni presentate dai lavoratori dipendenti nel 2020, contro le 46 mila del 2019.
Diverse le possibili cause alla base di questo gap salariale: part time legato alla cura della famiglia, mansioni meno qualificate, interruzioni di carriere per le maternità, contratti precari. Condizioni che poi si riflettono anche nelle pensioni: a Bergamo gli assegni “rosa” sono la metà di quelli maschili. «È necessario – conclude Corna - utilizzare gli aiuti economici dell’Unione Europea per strutturare i servizi dedicati alle famiglie, come hanno fatto altri Paesi europei; senza questi interventi le disparità non potranno essere eliminate».