La presentazione a Milano

Ma quant'è bella la nuova Lambretta, lanciata a tutto gas da due società bergamasche

PG&W e lo Studio Vedi curato comunicazione e allestimento. «Ci sono storie che non finiscono mai» è la frase chiave

Ma quant'è bella la nuova Lambretta, lanciata a tutto gas da due società bergamasche
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«Ci sono storie che non finiscono mai», recita l’ultima frase del video dedicato a X 300, l’ultima nata di un marchio che ha scritto la storia delle due ruote in Italia e nel mondo. Più che una conclusione però è una dichiarazione d’intenti, perché la casa costruttrice ha obiettivi ambiziosi, raccontati da un’installazione artistica all’interno del Chiostro Piccolo di San Simpliciano, a Milano, aperto al pubblico durante la Design Week dal 7 al 12 giugno.

L’esposizione ha un valore speciale, perché celebra anche il 75° anniversario di Lambretta. Nella celebrazione del “saper fare” lombardo non poteva mancare una connotazione orobica: sono entrambi di Bergamo sia l’agenzia PG&W che ha curato ogni aspetto della comunicazione sia lo Studio Vedi che ha ideato l’allestimento.

Infiniti, come i sogni

Il visitatore è accolto da una pedana dalla forma particolare, che disegna il simbolo dell’infinito. Sulla sua superficie riflettente si succedono i modelli iconici del passato, accanto a quelli del presente e del futuro, a raccontare il concetto che ha ispirato la messa in scena: Infinity. Heritage to future. La curva, tecnicamente una lemniscata, si ispira anche al nastro di Moebius, per suggerire l’idea che i miti non hanno una fine, e che il tempo in fondo non è che una suggestione psicologica. Tutto intorno, nei corridoi del chiostro, immagini in bianco e nero fanno scorrere davanti ai nostri occhi le vicende di un mezzo di trasporto, e di un Paese. Sul soffitto, accanto ai preziosi affreschi del porticato, pannelli retroilluminati ne percorrono l’intero perimetro, con un’affascinante antologia di messaggi che trasmettono tutto il fascino di un’epoca.

Si perché le Lambretta, piccole macchine che arrivano dappertutto, secondo una comunicazione degli anni ’60, hanno modificato anche gli usi e costumi italiani, «mettendo nella vita un’atmosfera serena, attraversata dai colori dell’ottimismo». Erano gli anni del boom economico, si scoprivano nuovi orizzonti della mobilità individuale, con un mezzo che dava la possibilità di «meglio lavorare e di meglio svagarsi». Allo stesso tempo le Lambretta erano anche l’espressione di una laboriosità tipicamente meneghina, di una cultura industriale che avrebbe prodotto altri fenomeni mondiali, attraverso un «incessante processo evolutivo di tecnici e stilisti».

L’aristocrazia del design

Nata per mettere a disposizione delle persone di ogni ceto sociale la libertà di spostarsi, spesso con tutta la famiglia, in realtà la Lambretta è sempre stata uno scooter tecnologicamente avanzato. Tra le sue caratteristiche principali il telaio tubolare e il motore centrale, di stampo motociclistico, che fanno la differenza in termini di stabilità e tenuta di strada, soprattutto in curva. E poi ci sono la forcella a due bracci e le ruote sovradimensionate a prova di tombini e pavé, oltre a un vero e proprio primato, il primo freno a disco anteriore adottato da uno scooter. Altro record è quello di velocità, stabilito da Romolo Ferri nel 1951. 201 km/h nel chilometro lanciato, una barriera tuttora insuperata nella categoria degli scooter da 125 cc. Ma il vero successo Lambretta l’ha ottenuto nell’immaginario collettivo, dove ha un posto di rilievo per la sua presenza nel mondo della moda, del design, dello spettacolo e della cultura.

Dal film Quadrophenia dove recita un ruolo da protagonista a Giorgio Gaber che la cita nella famosa Ballata del Cerutti, passando da Walter Chiari e Totò, entrambi presenti nella mostra fotografica del chiostro. E arrivando a Fedez, che l’ha utilizzata nel videoclip dall’emblematico titolo La dolce vita. Come dire che i tempi passano, ma la Lambretta resta.

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