l'analisi della cisl

Nel 2020 si sono dimessi 1.051 bergamaschi per accudire i figli: «Manca il welfare»

Se si suddividono gli abbandoni per classi d’età, i genitori più rappresentati sono quelli tra i 34 e i 44 anni. Più colpite le donne

Nel 2020 si sono dimessi 1.051 bergamaschi per accudire i figli: «Manca il welfare»
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Sono stati 1.051 i genitori bergamaschi che, nel 2020, hanno abbandonato il proprio posto di lavoro per poter accudire i figli di tre anni o più piccoli. La convalida di dimissioni è stata firmata da 813 donne e 238 uomini.

Secondo l’analisi elaborata dalla Cisl sulla base dei dati forniti dall’Ispettorato del lavoro, negli ultimi tre anni, in Bergamasca, le dimissioni sono diminuite: nel 2017 se ne erano contavate 1.322 (989 donne e 333 uomini), nel 2018 erano state 1.425 (1.071 donne e 354 uomini), mentre nel 2019 ne erano state accertate 1.430 (1.051 donne e 379 uomini). La causa di questa inversione di tendenza però, per il sindacato, non andrebbe ricercata in un miglioramento delle politiche familiari che conciliano il rapporto tra orario di lavoro e vita privata. Dipenderebbe invece dallo scoppio della pandemia.

«Lo scorso anno, tra marzo e maggio, si sono perse 6.685 posizioni di lavoro dipendente – spiega Danilo Mazzola, segretario della Cisl di Bergamo -. Nella maggioranza dei casi sono stati coinvolte persone con contratti precari, a tempo determinato o somministrati. Per molte lavoratrici, in particolare nel terziario e nell’industria, tanti rapporti di lavoro non sono stati trasformati in tempo indeterminato e, una volta scaduti, le hanno portate a vivere la propria condizione di maternità da disoccupate».

Il sindacato punta quindi il dito sulla carenza di un Welfare state capace di drenare le difficoltà e soddisfare i bisogni delle famiglie dei lavoratori: 567 casi hanno riguardato genitori di 1 figlio, 392 casi di due figli e 92 casi famiglie con più di due figli, per un totale 1.646 bambini coinvolti.

«Sono dati che fanno riflettere su come la nostra provincia debba fare molto di più per permette a madri e padri di lavorare – continua il sindacalista di via Carnovali -. Anche quest’anno oltre mille lavoratori con più di 1.600 figli hanno dovuto fare i conti con una diminuzione del proprio reddito da lavoro dipendente, proprio nel momento in cui ne sarebbe servito di più».

Nazionalità, impiego, età e settori dei lavoratori che si sono dimessi

Delle 1.051 convalide di dimissioni registrate lo scorso anno, 888 riguardano lavoratori italiani (704 donne e 184 uomini), 48 dipendenti stranieri ma europei (37 donne e 11 uomini) e, infine, 115 lavoratori immigrati da paesi che si trovano fuori dall’Unione Europea.

In 535 casi (479 donne e 56 uomini) si è trattato di impiegati, 446 persone (278 donne e 168 maschi) lavoravano come operai, 32 dipendenti (24 donne e 8 uomini) erano quadri, 13 (9 donne e 4 uomini) erano dirigenti e in 25 casi (23 donne e 2 uomini) si è trattato di apprendisti.

Se si suddividono gli abbandoni per classi d’età, i genitori più rappresentati nei dati dell’Ispettorato del lavoro sono quelli tra i 34 e i 44 anni, con ben 443 lavoratori (327 donne e 116 uomini). Dai 29 ai 34 anni sono coinvolti 364 lavoratori (298 donne e 66 uomini), al di sotto dei 29 anni si contano 212 domande (177 donne e 35 uomini), mentre al di sopra dei 44 anni se ne registrano 32 (11 donne e 21 uomini).

I settori più coinvolti sono l’industria con 229 convalide (143 donne e 86 uomini), il terziario con 686 (586 donne e 100 uomini), l’edilizia con 52 (23 donne e 29 uomini) e l’agricoltura con 4 (3 donne 1 uomini).

«Vanno ripensate politiche di conciliazione vita-lavoro – conclude Danilo Mazzola -, partendo dallo smart-working contrattato, da un ulteriore allargamento del part-time, dalla messa a disposizione di servizi all’infanzia facilmente e economicamente usufruibili, oltre a politiche familiari che rendano più conveniente la continuità lavorativa».

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