La lettera

Rincaro dei mutui, il parlamentare europeo bergamasco Zanni: «Ecco perché la Bce sbaglia»

L'esponente della Lega ci ha scritto per commentare un nostro articolo in cui esponevamo gli aumenti per tante famiglie della provincia

Rincaro dei mutui, il parlamentare europeo bergamasco Zanni: «Ecco perché la Bce sbaglia»
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Pochi giorni fa abbiamo pubblicato un articolo con i dati della Fabi (Federazione autonoma bancari italiani) riguardanti il rincaro dei mutui per tante famiglie, dovuto al rialzo del costo del denaro al 3 per cento deciso dalla Banca centrale europea a gennaio con lo scopo di contenere l’inflazione. Negli ultimi mesi, sottolinea la Fabi, gli interessi sulle rate dei finanziamenti a tasso variabile già aperti sono cresciuti in media del 43 per cento. E, sempre secondo questa ricerca, in Bergamasca ci sono 110.981 famiglie con un finanziamento in corso e, di queste, 55.491 stanno rimborsando un mutuo per l’acquisto di un immobile.

Dopo la pubblicazione dell'articolo abbiamo ricevuto la lettera di Marco Zanni, parlamentare europeo della Lega, bergamasco, che ha voluto commentare questi dati, fare alcuni chiarimenti e, soprattutto, puntare il dito contro la Bce.

Gentile Direttore,

ho letto con interesse l’articolo di PrimaBergamo di mercoledì 15 febbraio concernente l’aumento delle rate dei mutui. Dato il vasto impatto su famiglie e imprese bergamasche, ho sentito la necessità di scriverle per illustrare il punto di vista di un insider sulle politiche portate avanti negli ultimi mesi dalla Banca Centrale Europea e per raccontare quello che stiamo facendo a Bruxelles per contrastare questa problematica.

Dopo quasi un decennio di politiche accomodanti, a luglio dello scorso anno la BCE ha deciso di accodarsi alla Federal Reserve e cominciare ad alzare i tassi a ritmi mai visti prima nella storia. L’obiettivo delle politiche restrittive delle banche centrali è quello di contenere l’inflazione in un modo che non esplicitano ma è chiaro: ridurre la domanda aggregata tramite una recessione indotta. Riducendo infatti la domanda di beni, i prezzi degli stessi dovrebbero normalizzarsi per la banale legge della domanda e dell’offerta. Tuttavia, la storia ci insegna che ogni crisi ha le sue particolarità, e ricette utilizzate nel passato possono essere inadeguate o addirittura dannose oggi. Infatti, la spinta inflazionistica europea non è causata da un eccesso di domanda ma deriva perlopiù da uno shock lato offerta causato per esempio da strozzature del commercio internazionale, da problemi delle catene di approvvigionamento e dall’aumento dei prezzi di energia e materie prime. Cercare quindi di distruggere la domanda alzando i tassi e provocando una crisi auto-indotta, quando il problema non è l’eccesso di domanda, mi pare quantomeno poco lungimirante ed azzardato.

L’aumento verticale dei tassi operato dalla BCE ha, come prevedibile, frenato l’economia nell’eurozona e l’impatto conseguente sui mutui e sul costo del credito per imprese e famiglie è già di grande portata. Essere arrivati ad un tasso base al 3%, destinato a salire, limita fortemente il mercato del credito e di conseguenza la crescita economica, essendo il credito la linfa vitale di un sistema capitalista come il nostro. Senza considerare che dalla seconda metà del 2022 anche l’altra “divisione” della BCE, quella che si occupa di supervisione bancaria (l’SSM guidato da Andrea Enria), è entrata con la scure sulle banche italiane, imponendo una drastica riduzione degli impieghi. Ciò si è tradotto in un crollo del credito alle imprese, molto evidente già dalla fine dell’anno come dimostrano i dati della Banca d’Italia.

Mi permetto di fare questa analisi perché ormai da 10 anni sono uno dei pochi Parlamentari europei italiani che si è occupato sistematicamente di queste questioni. Credo sia utile e costruttivo condividere le critiche a una banca centrale che troppo spesso ha mascherato sviste ed errori (anche clamorosi, come l’aumento dei tassi operato da Trichet al principio di una delle crisi economiche più pesanti affrontate dall’eurozona) dietro la sua indipendenza, sviando responsabilità che a posteriori appaiono evidenti. Certo, i trattati garantiscono alla BCE piena indipendenza, ma indipendenza non significa insindacabilità e non significa esenzione dal principio di accountability democratica, che spetta al Parlamento europeo ed è necessario per evitare di ripetere gravosi errori del passato. Se persino autorevoli banchieri centrali come Ignazio Visco e Fabio Panetta hanno criticato di recente l’operato della Lagarde, qualche problema c’è.

Negli ultimi mesi, nel tentativo di contrastare il dannoso approccio della BCE, ho avuto l’opportunità di seguire insieme a un gruppo ristretto di colleghi i lavori sul recepimento di Basilea III (i principi e le norme che regolano il settore bancario a livello internazionale). Dopo mesi di discussioni, siamo riusciti a inserire alcuni punti di fondamentale importanza strategica per garantire in un momento difficile il flusso costante di credito a imprese e famiglie. Non le nascondo che questo lavoro è stato complesso, soprattutto perché la BCE ha esercitato un’inusuale azione di lobbying per restringere ulteriormente i cordoni della borsa del credito. Nonostante questo però, nel testo votato a gennaio nella commissione parlamentare, siamo riusciti a rafforzare misure per il credito alle PMI (SMEs supporting factor), per migliorare le condizioni ai mutui residenziali e per aiutare tutte le imprese e famiglie che si ritroveranno in una situazione di crisi temporanea nel caso di mancato pagamento di alcune rate dei prestiti.

Infine, tra i risultati più importanti ottenuti, ce n’è uno che riguarda le banche del territorio. Per le BCC, che fungevano da linfa vitale del credito per le nostre comunità, azzoppate dall’infausta riforma del 2016 e dall’asfissiante supervisione diretta della BCE, arriveranno finalmente importanti alleggerimenti burocratici e normativi. Il principio di proporzionalità deve essere sempre un faro guida del legislatore europeo: è impensabile che piccole banche del territorio siano assoggettate allo stesso regime dei grandi gruppi internazionali.

Mi rendo conto che questi sono temi molto tecnici, che ho cercato di semplificare al massimo, ma cruciali per l’economia del nostro Paese e spesso purtroppo passano in secondo piano a causa della loro complessità. Ritengo quindi essenziale comunicare ai cittadini, che guardano con preoccupazione al futuro, cosa i loro rappresentanti a Bruxelles stanno facendo per alleviare le sofferenze e cosa importanti istituzioni europee, come la BCE, potrebbero fare per evitare di danneggiare un continente già in grave difficoltà.

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