Sondaggio dei sindacati

Smart working nella Pubblica Amministrazione di Bergamo: esperienza positiva, ma le strumentazioni?

La Fp-Cgil ha fatto luce sull'esperienza di lavoro agile dei pubblici dipendenti della nostra provincia intervistando 308 lavoratori

Smart working nella Pubblica Amministrazione di Bergamo: esperienza positiva, ma le strumentazioni?
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Tra le misure che hanno caratterizzato principalmente i mesi più duri della pandemia c'è anche l'introduzione dello smart working. Ma come hanno vissuto l'esperienza i lavoratori nella Pubblica Amministrazione? A rispondere a questo quesito sono stati 308 lavoratori attraverso un sondaggio proposto da Fp-Cgil di Bergamo nelle settimane tra il 29 agosto e il 12 settembre che ha restituito un quadro dettagliato di due anni e mezzo di lavoro agile nel pubblico impiego.

La maggior parte dei dipendenti, scattata l'emergenza, si sono ritrovati alle prese con questa modalità di lavoro a distanza per la prima volta: ben il 94,2 per cento di loro non lo aveva mai sperimentato prima del 2020. Tuttavia, come ha spiegato Dino Pusceddu della segreteria Fp-Cgil, molti hanno assistito a una lenta implementazione di software e hardware necessari. Il 60,8 per cento degli intervistati ha risposto di non aver ricevuto dal proprio ufficio nessuna strumentazione di lavoro, mentre il 92,6 per cento riferisce la mancata formazione per il lavoro da remoto.

Molto meglio in termini di produttività, dove l'82,7 per cento parla di un livello maggiore o uguale rispetto all'attività in ufficio e meno dell'uno per cento ha ricevuto contestazioni. Per quanto riguarda le ore effettive, per il 37 per cento il lavoro si è prolungato oltre l'orario di attività in ufficio, ma il 62,7 per cento ha riferito di aver lavorato serenamente.

Vantaggi, ma anche isolamento sociale

Nel complesso, l'86,2 per cento degli intervistati ha valutato l'esperienza con soddisfazione totale, buona o abbastanza buona. I principali aspetti positivi sono il minor tempo per gli spostamenti da e per l'ufficio e la possibilità di conciliare la vita di tutti i giorni con il lavoro. Al contrario, gli aspetti negativi riguardano l'isolamento dal contesto sociale e lavorativo e l'utilizzo di una strumentazione che non ha permesso di lavorare con la medesima efficienza.

«In molte amministrazioni il Decreto Ministeriale dell’8 ottobre 2021 ha sancito, in concreto, la fine del lavoro agile – spiega Pusceddu – Dal 15 ottobre dell’anno scorso nelle pubbliche amministrazioni la prestazione lavorativa in presenza dev’essere, come dicono le disposizioni di legge, ‘prevalente’. Questo non significa che lo smart working debba venire archiviato. Eppure, anche a seguito delle dichiarazioni pubbliche del ministro Brunetta, sono molte le realtà in cui i lavoratori ci hanno parlato di una sospensione massiccia dell’attività in smart perché il dirigente di riferimento l’aveva considerata un’esperienza conclusa».

Dall'ottobre del 2021 soltanto il 16,6 per cento degli intervistati ha lavorato in smart working quasi tutte le settimane, la maggior parte dei quali perché il proprio amministratore o dirigente di riferimento ritenevano il lavoro agile non più una opzione.

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