E sale pure l'inflazione

Sono arrivate nelle case le bollette di luce e gas (solo i ricchi non piangono)

Aumenti del 30-40 per cento. Un'anziana: «Per pagarle ho ricominciato a stirare camicie per altre famiglie»

Sono arrivate nelle case le bollette di luce e gas (solo i ricchi non piangono)
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di Paolo Aresi

E adesso la stangata è arrivata nelle case. Le famiglie benestanti non se ne sono accorte, per ora gli aumenti sembrano contenuti nel trenta per cento di quanto pagavamo un anno fa. Ma le persone con redditi risicati, i pensionati, le famiglie monoreddito, quelle se ne sono accorte, eccome. E al conto salato delle bollette dobbiamo aggiungere la crescita impressionante del prezzo del gasolio e della benzina.

Tutti questi aumenti confluiscono poi nel gran calderone dell’inflazione che ormai sfiora il cinque per cento. I redditi verranno erosi: un pensionato che percepisce mille euro al mese, a causa di un’inflazione del genere, vedrà scendere il valore della sua pensione di 50 euro al mese, cioè 600 euro all’anno. Una situazione che rischia di spingere nella miseria una grande fascia di popolazione, anche a Bergamo.

Piero Bosio, pensionato di 81 anni di via Pignolo, dice: «Per la corrente elettrica sono passato da 70 a 111 euro, ultima bolletta di qualche giorno fa. Un aumento del cinquanta per cento. Per il gas ho pagato 612 euro nella bolletta che è arrivata lunedì; lo scorso anno, stesso periodo, ero sui 450 euro. La bolletta comprende due mesi, quindi l’aumento è di venti euro al mese per la corrente e di ottanta euro al mese per il gas. Sono cento euro secche in più. Certo, le persone benestanti possono anche non soffrirne granché. Io vivo con mia moglie, prendo mille e trecento euro al mese di pensione. Cento euro al mese in più di spesa si sentono. Seicento vanno per l’affitto, cento vanno per le spese condominiali. Adesso trecento le spendiamo per gas e riscaldamento e 55 per la corrente elettrica. Altre cinquanta sono per il telefono e arriviamo a mille e cento euro. Per mangiare, per vestirci, per le medicine che il servizio sanitario nazionale non passa abbiamo duecento euro. Prima ne avevamo trecento. Rinunceremo alle medicine oppure rinunceremo a qualcosa del cibo. Vestiti non ne compriamo. Ho lavorato tutta la vita, per quarantasette anni. E mi ritrovo povero».

È una testimonianza normale, che potrebbe essere quella di tanti altri pensionati della nostra città e della provincia. Le cifre di cui parla Piero Bosio sono molto vicine a quelle previste dall’Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambienti). Non è difficile fare i conti, tirare le somme. I rincari colpiscono le fasce più umili della popolazione, famiglie e persone dignitose che si ritrovano a un passo dall’indigenza, dal non avere il denaro per acquistare il pane. È accettabile per un paese civile come il nostro?

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