In memoria di Pippa Bacca

Ivano Parolini e la sua Sposa Un lungo strascico di dolore

Ivano Parolini e la sua Sposa Un lungo strascico di dolore
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Non aspettatevi una locandina e ancor meno letture espressive oppure un concerto a tema. Un’opera d’arte è semplicemente una provocazione da ammirare e sulla quale, intimamente, riflettere. In occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, l’artista bergamasco Ivano Parolini propone una particolare installazione, visitabile a Gandino sabato 24 e domenica 25 novembre (dalle 10 alle 16) nello spazio artistico post-industriale “Lost My Mind” (ex Lanificio Rudelli) di via Ciro Menotti.

 

["La Sposa", l'opera di Parolini che verrà esposta a Gandino]

 

«Il progetto - spiega Parolini, 41 anni, residente a Orezzo e nativo di Gandino - nasce con l’intento di commemorare le innumerevoli e violente morti di donne, spesso per mano di persone a loro affettivamente vicine. Il soggetto dell’installazione è un abito da sposa, in ricordo di Giuseppina Pasqualino di Marineo (in arte Pippa Bacca), l’artista milanese che, nel 2008, indossando proprio un abito da sposa partì con l’obiettivo di portare un messaggio di pace e di amore. Un progetto artistico che la condusse in varie nazioni, sino ad Istanbul in Turchia, dove venne stuprata e uccisa brutalmente». Il sogno infranto di Pippa Bacca e di tante, troppe donne come lei, è una ferita che Parolini ha voluto rappresentare sin dalla scorsa estate, quando ha realizzato una performance sul monte Alben, propedeutica all’installazione attuale. Ha lavorato con cura alla realizzazione di un vero e proprio abito nuziale grazie alla collaborazione con la giovane stilista bergamasca,  Aurora Bertocchi di Stile Atelier, utilizzando un raso bianco di norma utilizzato per la confezione di corredi funebri. «Un contrasto voluto, come quello della fascia nera, simbolo del lutto, che circonda la vita e apre a uno strascico lungo ben 33 metri, perché 33 erano gli anni di Pippa Bacca quando venne uccisa dieci anni fa». L’intimità della riflessione e del dolore per la scia infinita di lutti che ogni giorno la cronaca propone sono tutti in una serie di bastoni (circa un centinaio) secchi e anneriti dal catrame, alti anche più di due metri, conficcati nello strascico gioioso cui tante donne affidano le proprie speranze di amore eterno. Il dolore intenso e muto di questa installazione è innanzitutto dell’artista, che sull’Alben (2019 metri, un altro riferimento numerico che indica un futuro prossimo e possibile) ha condotto la moglie Paola Maffeis, immortalandola a pochi passi dalla vetta con un cielo cupo e gravido di tristi presagi, ma al tempo stesso di ampi orizzonti.

 

[Pippa Bacca, tragicamente uccisa nel 2008]

 

«L’installazione di Ivano Parolini è di forte e dirompente impatto visivo, sfruttando lo spazio di un luogo preposto nella sua storia al lavoro prevalente di generazioni di donne - scrive Sandra Nava nel testo critico legato all’installazione a Gandino -. Concentra la scena sul simbolo stesso della vicenda storica ricordata di Pippa Bacca. Ma la domanda da porsi oggi, davanti alla potenza scenica della rappresentazione di Parolini, rimane una sola: perché quella scelta, perché un abito nuziale, simbolo della purezza virginale e della dedizione femminile, per un “viaggio” tanto complesso quanto di improbabile realizzazione? Bacca decise di affidare a quel vestito, “l’habitum” che più è caro al possesso femminile, la carica rivoluzionaria di un richiamo di pace e uguaglianza che ancora oggi non è recepito all’interno stesso delle cosiddette società evolute, democratiche, spesso all’interno delle nostre stesse case. Oggi come ieri quello strascico di velo bianco è disseminato di violenze e soprusi e la forza di questa installazione è pari alla commovente forza di una storia che continua ad appartenerci». «L’abito bianco, dispiegato sulle creste del molte Alben - aggiunge Parolini - vuole quasi toccare il cielo per chiedere un aiuto dall’Alto. Per questo a Gandino ho proposto l’installazione facendo in modo che richiami una parte della Sezione Aurea. La sposa, lasciando la lunga coda dietro di sé, si trova più vicina al punto di chiusura. Il messaggio di speranza sta proprio nella ricerca, quasi utopica, di porre fine a questa scia di morti».

 

[L'artista Ivano Parolini]

 

Ivano Parolini ha sviluppato la propria ricerca artistica dopo il diploma all’Accademia Carrara, quando espose, nel 1999, nella mostra alla Gamec curata da Vittorio Fagone, Mario Cresci ed Enrico De Pascale. Scelto da Marco Cingolani per una mostra alla Ciocca di Milano, è stato protagonista di importanti rassegne italiane ed estere. Legato all’universo femminile, nel 2014, anche il progetto “Beauties”, che ha esposto allo Spazio Rosso Tiziano di Piacenza, per il quale nel 2016 ha realizzato una performance entrata a far parte della collezione d’arte moderna Radici. Nel 2015 ha proposto una performance a tema a Expo, poche settimane prima di presentare a Londra un suo “libro illustrato”, pezzo unico ispirato al romanzo Da qualche parte nel mondo di Chiara Cecilia Santamaria, edito da Rizzoli. Nel 2016 ha realizzato l’installazione “Relitti” nella colonia Sciesopoli a Selvino, ricordando il dolore lacerante della Shoah, ma anche la speranza di centinaia di bimbi ebrei. In Basilica a Gandino ha invece realizzato, nel 2016, il progetto “Anime”, in occasione del quale un grande Crocifisso dipinto da Parolini ha sostituito la pala d’altare di Ponziano Loverini, già direttore dell’Accademia Carrara. "Anime" ebbe anche un antitetico sequel fra calcarei giurassici alla Buca del Corno di Entratico, dove Parolini ha esposto il “Trichierotauro”: una scultura ossea alta circa 2,50 metri, con un’apertura alare di oltre 7 metri formata da ossa di toro, cavallo, capra, cinghiale, muflone, struzzo, asino e pecora e frutto di un lavoro manuale che l’ha impegnato per mesi. «"La Sposa" - conclude Parolini - offre a tutti un’occasione di silenzio e riflessione. Chiede di far posto nel nostro intimo, e fra le frenesie del quotidiano, a una riflessione sulla morte, individuale e profonda». Perché ogni installazione ha un’anima, e una locandina non può raccontarla.

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