Fra le contee Kerry (che ha vinto) e Donegal

Il giorno in cui l'Irlanda si ferma: la finale del calcio gaelico

Il giorno in cui l'Irlanda si ferma: la finale del calcio gaelico
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Immaginatevi 82mila spettatori tutti con gli occhi fissi sul campo, uno stadio tra i più eleganti d’Europa zeppo di gente ovunque, tifosi di ogni età e provenienza, tutti bardati coi colori della loro squadra che per l’occasione è arrivata in capitale concludendo un cammino lunghissimo cominciato qualche mese prima. Questo è quanto successo domenica 21 settembre a Dublino, dove è andata in scena la 127esima finale di calcio gaelico, disciplina che si pratica quasi solo qui, e che sull’isola verde gode di una popolarità enorme, ben più dei “britannici” calcio e rugby. Per l’occasione Croke Park, il tempio di questo sport, era tutto verde e giallo, o meglio verde e oro, i colori delle due contee arrivate in finale, Kerry e Donegal.

Alla fine ha vinto Kerry, al termine di una gara sudata e combattuta fino all’ultimo, con gli avversari vicinissimi al punto del pareggio in extremis. Ma la palla non è entrata, quindi la coppa è volata alla contea del sud, per la 37esima volta campione dell’All Ireland Senior Football Gaelic Championship. Uno sport che merita davvero di essere visto, perché intenso e combattuto, veloce e spettacolare, pieno di storia e tradizione. Anzitutto le regole: due squadre da 15 giocatori si affrontano su un campo, segnato da due porte che sotto hanno le reti da calcio (dove un gol vale 3 punti), sopra i pali da rugby (dove invece vale solo 1 punto). La palla è rotonda e chi la tiene in mano pare un indemoniato: per muoversi occorre farla rimbalzare per terra o palleggiarla con un piede ogni tre passi. I passaggi ai compagni si fanno colpendo la sfera con le nocche, mentre una certa libertà sui contrasti rende ancora più accese e sudate le partite.

Questa la ricetta che rende il calcio gaelico una disciplina amatissima dalle parti di Dublino. Su quest’isola si gioca più o meno ovunque: campi sportivi, oratori, scuole, parchi pubblici. A rendere ulteriormente magico il tutto ci pensa lo statuto della GAA, l’organo che disciplina gli sport gaelici (oltre al football, hurling e camogie). Le regole parlano chiaro: non esiste professionismo, né calcio mercato. Da febbraio in avanti vengono organizzati i tornei locali interni alla contea, da cui poi vengono scelti i migliori per formare le “rappresentative” che si sfidano nella seconda metà dell’anno. Dopo le gare tra le contee delle quattro province (Leinster, Munster, Ulster, Connacht) a settembre le migliori si trovano a Croke Park per gli atti conclusivi. E chi, mesi prima, è partito a giocare per la squadra del proprio villaggio, se è bravo e fortunato può trovarsi a rappresentare la sua terra davanti a tutta l’Irlanda.

Il giro di soldi è alto, i biglietti costosi e i tifosi tanti: ciò nonostante nessun giocatore ha contratti, ma tutto viene usato per far fronte ai costi delle trasferte, sostenere il movimento, sviluppare progetti e settori giovanili. Così può capitare che una contea come Kerry, dove vivono solo 130mila persone, abbia vinto più titoli della contea di Dublino, che invece ha un bacino di giocatori ben più ampio, forte del suo milione di abitanti. Ma il calcio gaelico non si gioca solo in Irlanda: a partecipare al massimo torneo ci sono rappresentative anche da Londra e New York, mentre un organismo apposito organizza campionati tra le squadre del resto d’Europa. Dove compaiono anche alcune italiane: Padova, Roma, Rovigo.

In più c’è un significato speciale anche nel luogo della finale, Croke Park. Lo stadio è meraviglioso, 82mila posti a sedere a ridosso del campo: chi sta nelle prime file riesce a sentire le voci di giocatori e allenatore, chi sta più in alto può godersi perfettamente tutto lo sviluppo della gara. In più, qui è stato scritto uno dei capitoli più sanguinosi della storia irlandese: il 21 novembre del 1920, in piena guerra d’indipendenza, l’esercito inglese entrò in questo stadio, allora un semplice campo circondato da poche gradinate. Si giocava un match tra Dublino e Tipperary, e i miliziani aprirono il fuoco sulla folla. Morirono 15 persone, in quello che è considerato il primo Bloody Sunday della storia irlandese, in un evento diverso per epoca ma simile per drammaticità a quello successo 52 anni dopo a Derry, in Irlanda del Nord. A ricordare quel giorno del ‘20 c’è una lapide, oltre a una delle belle tribune innalzate dalle recenti ricostruzioni dell’impianto: è dedicata a Michael Hogan, capitano di Tipperary in quella gara del ’20. Ucciso mentre giocava allo sport più amato dagli irlandesi.

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