Il più grande crowfunding della storia

"Io sto con la sposa", la storia vera (che ha già vinto a Venezia)

"Io sto con la sposa", la storia vera (che ha già vinto a Venezia)
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Il lungometraggio Io sto con la sposa racconta una storia vera, nata come idea per un film ancora prima di essere vissuta. Realizzato dal regista Antonio Augugliaro, dal giornalista e blogger Gabriele del Grande e dal poeta siriano palestinese Khaled Soliman Al Nassiry, è stato presentato ieri in anteprima alla LXXI Edizione del Festival Cinematografico di Venezia, per la Sezione Orizzonti - Film Fuori Concorso. La fine della proiezione è stata premiata da 17 minuti di applausi da parte degli spettatori, tra cui c’era una folla di donne vestite di bianco. È già stato annunciato che, dopo Venezia, il film parteciperà anche al Milano Film Festival e che, probabilmente, il 9 ottobre raggiungerà le sale, dove resterà per qualche giorno.

La storia ha inizio in un giorno di fine ottobre 2013. Soliman (il poeta) e del Grande (il fondatore del blog Fortress Europe) stanno prendendo un caffè, in Stazione Centrale, a Milano. Da qualche mese, da quando sono iniziati gli sbarchi di profughi siriani a Lampedusa, hanno preso l’abitudine di vedersi qui, per tenersi un po’ aggiornati sulla situazione, dicono. Quel giorno, però, mentre stanno conversando in arabo, si avvicina al loro tavolo un ragazzo che chiede indicazioni sul treno per la Svezia. Gli fanno spazio, le domande incominciano a girare, e vengono così a sapere che Abdallah (così si chiama il giovane) è, era, uno studente di Damasco, salpato per l’Italia e sopravvissuto a un naufragio durante il quale sono morte duecento persone. I nostri giornali ne avevano dato la notizia, parlandone come della “tragedia di Lampedusa” dell’11 ottobre. Soliman e del Grande spiegano a Abdallah che non può andare in Svezia prendendo il treno, perché non ha documenti e i centri di accoglienza italiani non lo hanno identificato – se lo avessero fatto, infatti, l’Italia avrebbe dovuto preoccuparsi della sua accoglienza, secondo il protocollo di Dublino II. Tra una chiacchiera e l’altra, e un po’ per scherzo, qualcuno propone di inscenare un finto matrimonio, perché nessun poliziotto potrebbe domandare i documenti a un promesso sposo – su questo, il buon vecchio Alessandro (Manzoni) ne avrebbe (eccome) da eccepire.

Lo scherzo incomincia a diventare un progetto quando Soliman Al Nassiry e del Grande ne fanno parola all’amico regista Antonio Augugliaro, che subito fiuta un’ottima storia da raccontare in un film. I tre si mettono all’opera e in un paio di settimane riescono a organizzare un viaggio a cui prenderanno parte 23 persone, tra ragazzi e ragazze. Lo sposo è lui, Abdallah, la sposa è Tasneem, un’amica palestinese convocata per l’occasione, e tutti gli altri, ovviamente, sono gli invitati al matrimonio. Tra questi, ci sono anche un padre con suo figlio. Hanno già tentato una volta di uscire dall’Italia, pagando 1300 euro a un contrabbandiere che era sotto il controllo della polizia. Non avevano più soldi e quasi più nessuna speranza di raggiungere Stoccolma.

Prima di partire, vanno tutti e ventitré dal barbiere e si mettono addosso vestiti eleganti, per calarsi meglio nel ruolo e rendere più plausibile la loro copertura. Il 14 novembre partono, passando per Ventimiglia e entrando in Francia. Sono a piedi e hanno paura, i siriani di essere rimandati indietro, gli italiani di essere accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Fortunatamente, tutto fila secondo i piani e verso sera raggiungono Marsiglia. Dalla Francia, poi, si dirigono verso la Germania e da lì verso la Danimarca. Raggiungono Stoccolma, il 18 novembre, dopo quattro giorni di viaggio.

A quel punto, si trattava di trovare i finanziamenti necessari per la realizzazione del film vero e proprio. Benché il progetto abbia suscitato l’interesse di Al Jazeera, Augugliaro, del Grande e Soliman Al Nassiry hanno preferito rimanere indipendenti. Hanno così lanciato una una campagna di crowfunding che tra maggio e giugno 2014 ha raccolto 100 mila euro, da parte di 2617 “produttori dal basso” provenienti da trenta paesi. Si tratta del più grande crowfunding della storia del cinema: un risultato di cui essere molto (ma molto) orgogliosi.

Il regista, il poeta e il giornalista si sono astenuti dai commenti emotivi, limitandosi a sottolineare con soddisfazione i risultati che hanno ottenuto. In un’intervista rilasciata all’Inkiesta si legge: «Uno dei motivi che ci hanno fatto appassionare a questo progetto è proprio l’occasione che avevamo di cambiare il linguaggio con il quale fino ad oggi si è parlato di immigrazione, soprattutto nei documentari. Di solito il meccanismo narrativo si basa sullo schema Giornalista Occidentale intervista Povero Migrante Disperato. In questo caso invece volevamo fare qualcosa di completamente diverso e ci siamo riusciti anche perché abbiamo fuso i due mondi e i due punti di vista: il nostro – quello occidentale – e quello dei migranti, in questo caso di profughi palestinesi e siriani. E il risultato è stato notevole». Lo possono ben dire, loro, che hanno saputo rendere l'arte una cosa tanto utile da riuscire a strappare un lieto fine alla realtà.

 

Da Come fossi nessuno, di Khaled Soliman Al Nassiry:

Volgo le spalle e leggero mi metto in marcia. Dietro di me una polvere di lingue che
sparge inutili parole. Leggero mi metto in marcia come se fossi nessuno.
Cammino verso un angolo e faccio cadere su di me l’oscurità e mi accuccio,
e lì, nella vasta oscurità, la mia bocca è piena di donne vecchie, il mio cuore
si contrae e si espande in questa vasta oscurità. Dalla polvere
del linguaggio, si attacca alle orecchie una lingua, parla e io ascolto la sua eco in un pozzo, come un megafono nel quale
soffiano ventitré anni.

 

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