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Posti fantastici e dove trovarli Luang Prabang, il Laos antico

Posti fantastici e dove trovarli Luang Prabang, il Laos antico
Pubblicato:
Guide: Lonely PlanetRough Guide, The Guardian.

 

Colonia francese fino al 1953, bombardata pesantemente dagli americani durante la guerra del Vietnam, è solo nel 1989 che la “terra del milione di elefanti” si è aperta al turismo. Piccolo Stato nel cuore del sudest asiatico, il Laos è uno scrigno di meraviglie. Non è, però, la capitale Vientiane il luogo dal quale si resta affascinati, ma l’antica città di Luang Prabang, nel Nord del paese, sul fiume Mekong.

Qui la vita si srotola con altri ritmi: piccole candele illuminano giardini e fanno compagnia ai Buddha custodi di templi, rischiarando le preghiere silenziose dei monaci. Tanti sono adolescenti oppure bambini. I più giovani certe volte fumano al riparo di sguardi indiscreti; gli anziani si arrabbiano di fronte alle onnipresenti macchine fotografiche dei turisti stupiti. Tutti camminano nelle loro tuniche arancioni, a piedi nudi per le vie della città. Ogni giorno, prima dell’alba, accettano offerte in una processione nel centro. Secondo la tradizione, infatti, possono possedere solo tre tuniche, tre ceste per le offerte, una cintura, un rasoio, uno stuzzicadenti, un ombrello. Tutto il resto va chiesto e ricevuto, volta per volta.

 

 

Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, Luang Prabang è una città dove si percepisce ancora un’atmosfera che riporta all’Indocina coloniale. Oltre che via terra o in aereo, ci si può arrivare anche via fiume, navigando sul Mekong in lunghi, lenti barconi: un viaggio che dura due giorni e costeggia villaggi rurali, da fare insieme ai locali, tra ceste di verdura e sacchi di riso. Il centro è un vivo museo di devozione, dove i monasteri si susseguono l’uno dopo l’altro, tra giardini, case del periodo coloniale e statue di Buddha. Al mercato, il mattino si passeggia tra verdure, papaya e ceste di rospi.

Fondata, secondo una leggenda, da Phunheu Nhanheu, un essere dal sesso indefinito, Luang Prabang divenne a partire dal VIII secolo una città stato legata a vari imperi, tra cui quello khmer e poi quello mongolo. L’attuale nome si deve al re Visonn, che nel 1512 accettò in dono dai reali khmer una grande (Luang) immagine del Buddha, denominata Pha Bang. Nel 1560 la capitale fu trasferita a Vientiane, ma Luang Prabang rimase sempre il centro del potere monarchico, prima di diventare, alla fine del Seicento, un regno indipendente, che fu oggetto di numerose invasioni da parte di milizie provenienti dalla Cina. Dopo la devastazione avvenuta nel 1887 ad opera dell’Esercito delle Bande Nere, però, il paese accettò la protezione dei francesi, che posero nella città un loro protettorato, che lasciò comunque in vita la monarchia locale.

 

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Durante le guerre dell’Indocina la città resto una roccaforte monarchica e si salvò quindi bombardamenti che distrussero, invece, i grandi centri dell’area. Nel 1975 nel paese fu creata una Repubblica Democratica Popolare e negli Anni Ottanta fu avviata, senza successo, la collettivizzazione dei terreni agricoli. Quando nel 1989 tornò l’impresa privata i negozi furono riaperti e l’economia della città si risollevò, anche grazie all’apertura al turismo. Molte ville rimaste disabitate (e spesso in condizioni fatiscenti) furono ristrutturate e utilizzate come alberghi o guesthouse, mentre negli anni successivi si avviava un processo di valorizzazione degli edifici storici.

Oggi Luang Prabang è il risultato della sua storia e dell’apertura al turismo: l’altra faccia della medaglia, in questa città di templi, sono ristoranti, boutiques, gallerie d’arte, laundry service e caffè con Lao beer e wi-fi. Per le strade non camminano solo monaci ma anche guide turistiche che propongono trekking, massaggi, corsi di cucina e passeggiate a dorso di elefanti.

Nonostante tutto, Luang Prabang resta una città che ammalia, ancora carica della magia di tuniche, gong e lanterne, che il presente non è ancora riuscito a rubare.

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