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Un grande fotografo di musica alla fiera dei nomadi d'Irlanda

Un grande fotografo di musica alla fiera dei nomadi d'Irlanda
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«Quando andavo ai rave con gli amici mi capitava di vedere, alle prime luci dell'alba, gruppi di ragazzini che si aggiravano importunando la gente, talvolta rapinandola. Appartenevano agli Irish Travellers, mi dissero». Questo è il primo passo del viaggio di Mattia Zoppellaro tra i campi nomadi dell’hinterland londinese diventato una mostra, dal 25 settembre al 25 novembre alla Traffic Gallery, Appleby, presto anche un libro. I gypsies, detti anche Pavees, sono una popolazione nomade di origini sconosciute che risiede tra Irlanda e Gran Bretagna. Dalla loro frequentazione è nato, tra il 2012 e il 2016, un reportage fotografico, o meglio, «uno studio antropologico» realizzato alla fiera dei cavalli di Appleby, l'appuntamento annuale in Cambria, che ogni primo giovedì di giugno richiama migliaia di rom, travellers e zingari da Galles, Scozia, Cornovaglia.

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Durante il festival, che attira decine di migliaia di persone, si assiste a una parata di cavalli che sfilano lungo viali lunghissimi. Poi, a seconda dell'interesse che suscitano sulla folla, vengono venduti in contanti, con tanto di stretta di mano e sputo. «La mia prima volta ad Appleby scattavo, tornavo in albergo a stampare le foto e il giorno dopo le regalavo ai soggetti, come feci negli anni Novanta per il reportage sui rave party».

Subculture. Le subculture hanno sempre avuto un forte ascendente su Zoppellaro. «Il diverso, ciò che più è lontano da me, e quindi imprevedibile, mi aiuta a conoscere me stesso. Le mie fotografie non sono mai indagini sociologiche, mi interessa piuttosto suscitare domande in chi guarda». Accanto a tribù urbane e etnie, Zoppellaro ha ritratto anche rockstar come Iggy Pop, Patti Smith, Lou Reed e personaggi italiani come Vasco Rossi, Federica Pellegrini. Per preparsi all'incontro cerca sempre di sapere il meno possibile dei personaggi, per non avere pregiudizi e coglierli sotto aspetti inediti. «In fotografia si può giocare con i cliché, oppure cercare di evitarli».

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