Il disco

La strada verso il jazz di domani è nel segno di Angeleri e Trovesi

Omaggio a figure chiave lombarde di musica, letteratura, architettura, arte, scienza e storia

La strada verso il jazz di domani è nel segno di Angeleri e Trovesi
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Di Fabio Santini

Raramente un disco di jazz è stato accolto con critiche plebiscitariamente positive fino a essere esaltanti, come è accaduto all’ultimo album di Claudio Angeleri intitolato “Concert feat. Gianluigi Trovesi”.

Da anni si sostiene che la strada che porta futuro del jazz si è fermata. Dopo Parker, Monk, Coltrane, Miles Davis c’è ben poco in giro. Eppure questo disco spiazza le convinzioni critiche correnti. Angeleri va oltre le convenzioni della storia, i muri dei generi. Sono tre principi base che rendono il disco una sorta di spartitraffico tra lo ieri e l’oggi della cosiddetta musica improvvisata.
Il primo è il senso del progetto. Angeleri rende omaggio a figure chiave della regione Lombardia nel campo della musica, della letteratura, dell’architettura, dell’arte, della scienza e della storia, come Caravaggio, Arturo Benedetti Michelangeli, Giacomo Costantino Beltrami, Niccolò Tartaglia, Giacomo Quarenghi, Torquato Tasso e le donne della Resistenza italiana. E Gaetano Donizetti del quale ripropone una straordinaria versione della “Messa da Requiem , Op.73”. Un’operazione ambiziosa incoraggiata dal pittore e pianista di Nembro Gianni Bergamelli, amico di vecchia data del direttore del Cdpm, che non solo ha dipinto su tela i riferimenti musicali di Angeleri ma lo ha spinto ad andare oltre.

Il secondo riguarda la composizione. Angeleri non aveva mai osato tanto sul piano della scrittura. La progressione del musicista bergamasco in questo campo così delicato è davvero notevole. Le partiture di Angeleri trovano in Trovesi il loro ideale esecutore e a dirla tutta Trovesi è presente tra gli spartiti del collega per l’imprevedibilità dell’improvvisazione, l’ironia, lo sberleffo, il gioco, per cui anche le digressioni che strizzano l’occhio al free jazz diventano giochi quasi fanciulleschi.

Infine il terzo riguarda l’esecuzione. C’è la Grande Bergamo del jazz a fare da cornice. Oltre a Trovesi, il basso di Marco Esposito, il tocco raffinato dei tamburi di Matteo Milesi, la voce di Paola Milzani e il suo coro Golden Guys e l’affermazione del giovane Nicholas Lecchi, talento sopraffino del nuovo jazz italiano. A questo stuolo si aggiungono il sax soprano di Giulio Visibelli, dall’Isola d’Elba ma trapiantato a Bergamo e il tocco di classe di Gabriele Comeglio il cui sax alto è di caratura internazionale.La summa delle considerazioni appena esposte portano l’ascoltatore a muoversi in una dimensione iperreale di un futuro possibile. Come dire: da qui si riparte. La porta del domani del jazz è stata aperta.

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