Il calcio non è solo tecnica

Balotelli alla Dea non lo voglio Nemmeno se ce lo regalano

Balotelli alla Dea non lo voglio Nemmeno se ce lo regalano
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Io Mario Balotelli all’Atalanta non lo voglio. Nemmeno se me lo regalano. Sono giornalista e seguo l’Atalanta in modo assiduo, ormai ho capito come funziona il mondo del calcio dal punto di vista mediatico ed è ovvio che un eventuale ingaggio da parte dell’Atalanta di un giocatore come Balotelli farebbe un gran baccano. Tecnicamente (forse) ci sarebbe poco da commentare ma il calcio non è solo tecnica e l’Atalanta significa molto, molto altro.

Lo spunto per l'articolo pubblicato da noi di BergamoPost, una provocazione che tanto ha fatto discutere, è arrivato dalle dichiarazioni del presidente del Crotone Vrenna, che vorrebbe l'attaccante numero 45 leader della squadra per la prossima stagione di Serie A: «Da noi sarebbe un capitano da 25 gol a stagione», ha detto. Il giocatore classe 1990, di proprietà del Liverpool, non resterà al Milan perché durante i mesi di prestito ha dimostrato molto meno di quanto ci si aspettava. Sinceramente, del giocatore che si è fatto conoscere con l’Inter al grande calcio è rimasto poco o nulla a 5-6 anni di distanza, ma più che i contenuti tecnici sono i risvolti comportamentali a sconsigliare l’ingaggio di uno come lui.

 

Balotelli musica Ansa

 

Il Crotone vorrebbe affidargli addirittura la fascia di capitano? Benissimo, ognuno fa le scelte che ritiene più opportune. Bergamo e la gente dell’Atalanta non hanno bisogno di un personaggio da copertina con la cresta sempre a posto e un diamante come orecchino. «Uomini, non campioni: all’Atalanta solo gente con i coglioni», recitava uno striscione esposto in Curva anni addietro. Questo concetto, unito alla voglia di vedere sempre la maglia sudata, rappresentano l’essenza del popolo bergamasco innamorato della Dea.

Di giocatori forti all’Atalanta ne sono passati, di "fighetti" che si credevano i migliori del mondo anche e certamente la gente si ricorda molto più di qualche sgangherato zappaterra che lasciava il sangue sul campo in ogni gara piuttosto che di chi alla sostanza ha sempre preferito la forma. Bergamo e la gente dell’Atalanta, con una storia ultracentenaria alle spalle e una minuscola Coppa Italia del 1963 in bacheca, hanno applaudito Rustico e Carrera, Doni e Muslimovic, Zampagna e Soncin. Ognuno può declinare il paragone alla “sua” Atalanta, troverà solo conferme.

Pensando alla fede nerazzurra, Balotelli all’Atalanta è una bestemmia. Un’idea certamente forte ma troppo lontana dal mondo della Dea per essere praticabile. Della sua Ferrari, di Mino Raiola, dei suoi eccessi, dei suoi musi lunghi anche dopo il gol più bello, della sua maglia scaraventata a terra (fischio finale di Inter-Barcellona, semifinale di Champions League del 21 aprile 2010, vittoria nerazzurra per 3-1) e di tante altre bizze da star ne facciamo volentieri a meno. Anche a costo di non poter beneficiare di una magica punizione e di un piede destro che è un dono di Dio ma che, in modo imperdonabile, il ragazzo non ha mai sfruttato fino in fondo.

 

balotelli contro l'atalanta

 

Come può una tifoseria che, prima di applaudire Borriello per i 4 gol in una settimana, lo contestava per una calzamaglia, accettare ora con entusiasmo un Balotelli nel gruppo? Ce li vedete Raimondi o Migliaccio che spiegano il senso d’appartenenza a uno che quando aveva 12-13 anni venne a Bergamo per un provino e per un fallo fischiato contro sputò sul campo, gettò la maglia a terra e se ne andò sotto gli occhi esterrefatti del maestro Bonifaccio?

Recentemente, all’Atalanta c’è stato un giocatore talentuoso ma irrequieto come Marko Livaja. Qualcuno lo ha anche paragonato al primo Balotelli. In campo, sotto la neve contro la Roma, segnò anche due gol molto importanti ma a Zingonia ne combinò parecchie, colpendo con un pugno il compagno Radovanovic e mandando a quel paese Colantuono durante un allenamento. Se non ce l'ha fatta Livaja, pensate che Balotelli possa trovare redenzione grazie alla magia di Città Alta o alla vicinanza di Sotto il Monte?

Uno come Balotelli, che si è trovato a 20 anni con un sacco di soldi in tasca, un procuratore spietato che è riuscito (nonostante risultati tutt’altro che sbalorditivi) a fargli indossare le maglie di Manchester City, Milan e Liverpool e si ritrova a 26 anni senza una storia sportiva degna del suo nome e dei soldi che sono stati investiti su di lui, come potrebbe rilanciarsi a Bergamo? Quante possibilità ci sono che possa vivere 10 mesi e più da professionista esemplare, con dedizione totale alla causa dando il 110 percento e senza “balotellate”? Certamente non ha avuto una vita facile, è cresciuto in una famiglia bresciana con dei valori ed è anche padre di una piccola di nome Pia, nata dalla relazione con Raffaella Fico. Per il ragazzo, prima ancora che per il calcio italiano, la speranza sincera è quella che possa trovare finalmente il bandolo di una matassa e che possa sfruttare un talento che, innegabilmente, c’è.

 

Atalanta-tifosi-coreografia-4

 

Bergamo e la gente dell’Atalanta, però, non sono il luogo ideale. La nostra terra è zeppa di accoglienza, amore e valori che sono riconosciuti a più livelli. Il bergamasco, se ti vede in difficoltà, si fa in quattro per aiutarti. Però vuole vedere impegno, sudore e tantissimo spirito di dedizione. Tanta voglia di fare fatica. Mario Balotelli, per rinascere, forse ha bisogno di altro. Vien da pensare che gli servirebbe un miracolo forse, quelli però li faceva solo uno che è vissuto parecchio tempo fa.

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