Ohibò, la Marsigliese è italiana?
I drammatici eventi accaduti a Parigi hanno fatto risuonare la Marsigliese nei concerti, nelle piazze e negli eventi pubblici. L’inno nazionale francese identifica il paese fin dal 1795 – tempi di Rivoluzione – ed è stato composto e scritto dal musicista dilettante Claude-Joseph Rouget de Lisle il 23 aprile 1792, per incoraggiare i soldati che stavano combattendo sul fronte del Reno. O almeno, così si credeva. Ora pare che l’attribuzione non sia più così certa. La città di Vercelli, infatti, conosce una storia diversa.
Il misterioso manoscritto vercellese. Quando, a dicembre, la Camerata Ducale della città ha eseguito un concerto, il direttore d’orchestra e violinista Guido Rimonda ha suonato un Tema con variazioni per violino e orchestra sulla Marsigliese. Il Tema è del compositore vercellese Giovan Battista Viotti, che, evidentemente, fu ispirato dall’inno francese. Invece, sembra di no. Rimonda è in possesso di un manoscritto di questo pezzo che è firmato da Viotti ed è datato 1781, ben undici anni prima della composizione di Rouget de Lisle. «Me l'ha regalato mio padre quando avevo diciott'anni, comprandolo per quattro soldi da un antiquario», raccontava Rimonda al Corriere della Sera nel 2014. «Fosse stato per me, non avrei fatto caso a questa questione di date. Me l'ha fatta notare l'amico Gianluigi Marianini, leggendario campione di Lascia o raddoppia?, dopo avermi sentito eseguire il Tema e variazioni in un concerto vicino a Torino. Da allora ho cominciato a interessarmi della storia e la conclusione è che, sì, Viotti è stato il primo a mettere nero su bianco le note della Marsigliese. Ma ne è davvero l'autore oppure, magari, si tratta di una melodia popolare a cui lui ha attinto? Fino a prova contraria, vale la prima ipotesi. Ed è probabile che Viotti, che nello stesso periodo stava anche progettando l'archetto moderno, non abbia mai voluto vantarsene per non inimicarsi Napoleone cui la Marsigliese non garbava».
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L’ipotesi “italiana”. Se i numeri non ingannano, la composizione di Viotti ha preceduto quella di Rouget de Lisle. Seguendo questa logica, l’autore della Marsigliese, dunque, è in realtà italiano. La diatriba riguardante la paternità della musica non nasce oggi, in realtà, ma è certo che gli eventi degli ultimi mesi l’hanno rinfocolata. Secondo i sostenitori dell’ipotesi “italiana”, Viotti avrebbe scritto la Marsigliese quando si trovava a Parigi e stava per entrare a servizio della regina Maria Antonietta. La composizione sarebbe poi diventata così popolare da essere assunta come inno nazionale. Non prima di essere stata proditoriamente “rubata” da Rouget de Lislet, che la presentò come sua.
Qualcosa non torna. Però, c’è qualcosa che non torna in tale posizione. Innanzitutto, lo spartito autografo non è stato ancora studiato dagli esperti. Una riproduzione anastatica è però apparsa su un CD-Rom contenente parte della produzione di Viotti e registrato da Rimonda nel 2013 – il violista si sta occupando di riproporre l’intera produzione del musicista, per Decca. Il canadese Warwick Lister, esperto di Viotti, ha osservato la copia dello spartito e secondo lui la firma potrebbe essere autentica, ma la data («2 mars 1781») è stata aggiunta sicuramente da un’altra mano. Dunque, Viotti potrebbe avere scritto delle variazioni sulla Marsigliese, che conobbe mentre era a Parigi, ma senza esserne stato l’autore. Per essere certi dell’ipotesi di Lister, comunque, occorrerebbe un’analisi del manoscritto di Rimonda.
Il manoscritto della British Library. C’è poi un altro dettaglio importante. Esiste una serie di quartetti d’archi che sono stati pubblicati nel 1795 e che sono stati attribuiti a Viotti, i quali contengono delle variazioni sulla Marsigliese, inclusa quella del manoscritto di Rimonda. Tuttavia, un esemplare posseduto dalla British Library reca un’importante nota autografa, scritta in francese: «Non ho mai composto i quartetti qui di seguito». Se non ha mai composto le variazioni, il rapporto di Viotti con la Marsigliese si indebolisce e l’ipotesi della paternità sarebbe senz’altro da escludere. Per risolvere il mistero una volta per tutte, però, sarebbe necessaria un’analisi scientifica del manoscritto di Rimonda. In questo modo, si potrebbe accertare in via definitiva se la data del 1781 sia stata effettivamente apposta da Viotti o sia, invece, stata scritta da mano ignota, magari qualche anno più tardi.