Santa follia

A baba Fulgenzio hanno regalato altri 150 figli. Ad Haiti (un inferno)

A baba Fulgenzio hanno regalato altri 150 figli. Ad Haiti (un inferno)
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Anche lui adesso la chiama «santa follia», perché caricarsi, su un fisico provato da quattro tumori, altri centocinquanta figli a 82 anni è una scelta che solo un matto può fare. O un santo, appunto, come baba (padre) Fulgenzio Cortesi, il missionario passionista di Castel Rozzone. Padre Fulgenzio, dopo avere fondato i Villaggi della Gioia e della Luce in Tanzania e una congregazione di suore, le “Mamme degli orfani”, ha realizzato in tempi record anche il suo ultimo progetto, che francamente sembrava impossibile: dar vita al Villaggio della Misericordia ad Haiti, il Paese più povero al mondo dopo il Togo. Questa volta, però, il Villaggio non ha avuto bisogno di costruirlo: glielo hanno “regalato”. Un regalo, per la verità, che nessuno ad Haiti voleva e che lui, invece, ha accettato. L’opera ricevuta in dono è quella fondata da suor Marcella Catozza, missionaria della Fraternità Francescana di Busto Arsizio, che ospita 150 bambini e ragazzi orfani da zero a 14 anni, alcuni con gravi problemi fisici. «Come facevo a dire di no?», ha detto padre Fulgenzio.

 

 

In una lettera inviata ai suoi amici, il missionario bergamasco è andato diretto al punto: «Essendo sul finire del mio tempo - ha scritto - forse sarebbe stato prudente diminuire i sogni, le attese, i desideri, forse sarebbe stato opportuno evitare di fare programmi a lungo termine e sfruttare i giorni che rimangono per prepararsi bene all’incontro con Gesù...». Vedendo però «il numero crescente di vocazioni delle “Mamme degli Orfani“» in Africa, riflettendo sulle parole di monsignor Pierre Dumas, vescovo di Nippes, in rappresentanza della chiesa di Haiti («Aspettiamo con gioia il vostro arrivo») e incontrando Suor Marcella ad Assisi il giorno di Pasqua, padre Fulgenzio ha concluso che «non si può non rimettersi in gioco e “giocare” alla grande, magari aggiungendo un poco di follia». Il “baba” non si nasconde le difficoltà e nella lettera continua: «Ci addossiamo un carico troppo pesante e una responsabilità al di sopra delle nostre forze?». La risposta sottintesa è sì, ma lui, certo che «il Signore è con noi e cammina costantemente al fianco di ognuno di noi», ha deciso di avventurarsi in questo mare in tempesta. È improbabile che padre Cortesi riesca a vedere di persona questi suoi nuovi figli: trenta ore di volo sono impensabili per il suo stato di salute. Di ciascuno raccoglierà la piccola storia e poi affiderà i suoi bambini al primo gruppo di Mamme che dall’anno prossimo si trasferirà nel Paese caraibico.

 

 

La missione di suor Marcella è nata nel 2005 a Waf Jeremie, in uno dei quartieri più disagiati di Port au Prince, un’immensa baraccopoli sorta sopra una discarica. La situazione nel Paese caraibico è sempre più difficile a causa delle frequenti rivolte che sconvolgono continuamente la vita sociale. Haiti è in ostaggio di bande armate che impongono con la violenza la loro legge. Poco prima di Natale la missione di Suor Marcella è stata attaccata dai banditi. Il 13 dicembre hanno tentato di rubare il generatore di corrente. In giorno dopo sono tornati in forze con i volti coperti e armati di mitragliette, pistole e machete. Hanno assaltato il deposito del cibo portando via tutti i viveri: riso, fagioli, burro. Per i bambini uno shock dietro l’altro. «Hanno rubato - ha dichiarato la missionaria italiana - tutto ciò che serviva per il nostro orfanotrofio e per la scuola materna con 350 bambini. Hanno portato via anche il materiale igienico e poi sono andati dove dormono i bambini, rubando anche i materassi e tutto quello che hanno trovato. Tutto in modo violento». La casa di accoglienza di suor Marcella è nata «quasi per caso dopo il terremoto». «Ad Haiti per i bambini non c’è futuro - ha aggiunto la missionaria - perché è un Paese che sta andando verso il baratro e vive nella violenza. Non si sta costruendo nulla che possa assicurare un futuro diverso: si lavora come se si fosse sempre in emergenza». «Il nostro desiderio - ha concluso - è quello di preparare questi bambini a portare avanti il cambiamento del loro Paese, potendo ricevere una formazione. Questi eventi ci portano ad accelerare i passi che volevamo compiere: portare i primi 40 bambini in una struttura nostra italiana, vicina ad Assisi, preparata per loro».

Ad Haiti la situazione è talmente grave che perfino Medici Senza Frontiere, che gestiva ospedali gratuiti, sta lasciando il Paese (lo Stato, oltretutto, ha imposto tasse insostenibili). «La porta dell’inferno», l’aveva definita padre Fulgenzio in un’intervista. Dove lui ora ha deciso di andare: «Dobbiamo fare qualcosa, se non andiamo noi, chi ci va? Noi siamo orgogliosi di andarci, anche se ci cacciamo in un mare di problemi», ha detto. Si comincia da centocinquanta, che aggiunti a quelli adottati in Tanzania fanno la bellezza di trecentoventi piccoli Cortesi (Padre Fulgenzio ha adottato legalmente gli orfani) sparsi per il mondo, ai quali il missionario ha dato una famiglia. Ce ne vorrebbero di più di matti così...

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