Il campionato ucraino è ripartito (nonostante la guerra e le tensioni)
Squadre delocalizzate su campi più sicuri, città che di punto in bianco sono finite sotto altre federazioni, giocatori che non tornano dalle vacanze per paura della crisi che sta attraversando il Paese: è assurda la situazione sportiva che sta vivendo in questi giorni l'Ucraina, dove lo scorso week end è cominciato il campionato di calcio, massicciamente influenzato dal conflitto tra filo-russi e ucraini nell'est del Paese. Il primo segno della guerra è il numero di club: da 16 che erano un anno fa a 14, con la perdita di due compagini della Crimea (una è il Tavrjia Simferopoli, in passato anche campione nazionale) passate sotto l'egida russa. Poi la situazione di tensione diffusa, che sta obbligando tante squadre a trasferirsi dall'area del Don a stadi più sicuri: lo Shakhtar Donetsk, ad esempio, gioca a Leopoli assieme ai concittadini del Metalurg, a Kiev si è trasferito invece l'Olimpik, mentre lo Zorja Lugansk è andato a Zaporizzja. Troppa paura dopo che, tra le altre cose, un colpo di mortaio sparato dall'esercio ucraino è caduto proprio all'interno del loro stadio. Paura che hanno anche tanti giocatori, specie i sudamericani dello Shakhtar: la scorsa settimana 5 di loro (più un collega del Metalist Charkiv) hanno deciso di non tornare in Ucraina dopo essere stati in Francia per un'amichevole, pochi giorni dopo la caduta dell'aereo della Malaysia Airlines.
È un calcio diverso quello che si gioca adesso in Ucraina: un campionato che fino a pochi mesi fa cresceva con costanza e soldi profumati ora si trova a fare i conti con allarmi e instabilità, legandosi a filo doppio con il conflitto civile che interessa le sue terre orientali. Lo sanno bene i tifosi, specie quelli di Shakhtar e Dinamo Kiev che la loro posizione sembrano averla presa: la scorsa settimana c'era la finale di Supercoppa e in migliaia hanno sfilato assieme a Leopoli, unendosi ai fan locali del Karpaty e intonando cori contro Putin, Mosca e la Russia. Una scena d'impatto se si pensa alle rivalità tra i due maggiori club di questo Paese, ma che non stupisce in toto: a marzo, quando il campionato si disputava a porte chiuse dopo la guerra in Crimea, alcune tifoserie si erano date appuntamento a Kiev per giocare il “loro derby”, e mostrare con chiarezza la loro avversione alla divisione del Paese.
Il video dei tifosi ucraini uniti contro Putin e la Russia.
http://youtu.be/jJqGpi69b34
I tifosi, insomma, la loro posizione l'hanno presa. Il mondo dello sport pure: la Nazionale lamentava, mesi fa, l'obbligo imposto dalla Uefa di disputare una gara lontano da Kiev, rivendicando la possibilità che il calcio ha di unire il Paese. Un altro sportivo si è distinto per la sua fedeltà alla bandiera nazionale: Vitali Klitschko, ex campione di pesi massimi ora passato alla vita politica. Quando la protesta del Maidan era ancora pacifica lui era sempre lì, a dire no ad un possibile avvicinamento ucraino alla Russia. Più ambiguo è stato invece il comportamento di Rinat Akhmetov, tra gli uomini più ricchi al mondo e proprietario dello Shakhtar: era vicino a Yanukovich fino a qualche mese fa, salvo poi voltargli le spalle e dare voce sulle sue tv ai manifestanti, per poi staccarsi del tutto dall'ex-premier. Peggio è andata a Oleh Babaev, presidente del club Vorskla Poltava, assassinato sabato scorso fuori da casa sua: oltre a essere uomo di calcio era pure politico, anche lui schierato contro Janukovich e con la Tymoschenko, e il sospetto è che a costargli la vita sia stato proprio il suo appoggio ad un'Ucraina unita.
E pensare che solo due anni fa da Mosca si lanciava un progetto calcistico avveniristico e prestigioso: ripristinare la vecchia Vyssaja Liga, il campionato che metteva contro tutti i club dell'Unione Sovietica. Stavolta, ovviamente, non ci sarebbe stato alcun principio comunista all'origine, ma il puro business sportivo che poteva generare una maxi lega tra i migliori club dell'area ex-russa, con giocatori di altissimo livello, parecchi soldi da magnati e sponsor e ingenti interessi televisivi. Ovviamente l'Ucraina sarebbe stata una delle nazioni più rappresentate. «Un campionato dove si possano sfidare le migliori squadre dell’ex CSI sarebbe molto spettacolare e interessante», era stata la reazione di Sergei Ivanov, una delle spalle di Putin all'amministrazione presidenziale del Cremlino. «Mi risulta che diversi paesi abbiano già confermato di voler prender parte a un torneo maggiormente competitivo». Un'idea forse oggi stravolta da quanto successo negli ultimi mesi in Ucraina, dove i rapporti con la Russia sono sempre più difficili. Anche nel calcio.