«Sono sempre a cantare in Curva»

Dj Carlito, il calciatore senza gamba che sogna un'Atalanta per disabili

Dj Carlito, il calciatore senza gamba che sogna un'Atalanta per disabili
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Quella che vi raccontiamo oggi è una storia bellissima. Parla di calcio, di Atalanta e di un ragazzo con una passione smisurata che è arrivato pure in Nazionale. Spinazzola? Petagna? L’ex nerazzurro Conti? Nessuno di questi giovani, che hanno comunque davanti un futuro radioso. Non cercate di intuire il suo nome: a meno che voi non siate appassionati di un calcio “diverso”, è quasi certo che non lo conosciate. Il motivo? Carlo Avelli è un ragazzo speciale perché gli manca una gamba, eppure gioca a calcio da sempre. E qui sta il bello di questa storia, visto che Carlo non è mai riuscito a rinunciare alla sua voglia di dare calci a un pallone. Originario di Sola, bassa bergamasca, quasi al confine con la provincia di Brescia, il 32enne orobico che di professione fa il dj (da una decina d’anni fa ballare tutti in discoteca con la musica Afro e il suo nome d’arte è Dj Carlito) è reduce da un impegno a Latina con la Nazionale Amputati e il suo sogno più grande è quello di poter indossare, un giorno, la maglia della sua amata Atalanta.

 

 

Carlo, nonostante il tuo problema non hai mai abbandonato la tua passione per il calcio. Ci racconti la tua storia?

«Con grande piacere. Sono nato con una malformazione alla gamba sinistra, ma fin da piccolissimo la mia passione per il calcio è totale. A 14 anni ho subito l’amputazione, fino a quel momento avevo quasi sempre giocato e mi sono pure rotto quella stessa gamba malata per ben due volte. Mi sono fermato qualche anno, poi casualmente ho conosciuto, grazie ad un amico che gioca nella Nazionale Artisti, la squadra dove gioco oggi e sono ripartito. Alla grande».

Parli della Nazionale Amputati. Chi siete?

«In tutto siamo una ventina di ragazzi che condividono la passione per il calcio e una volta al mese ci troviamo per allenarci e preparare i prossimi impegni. Si gioca con campo e formazioni tipiche del calcio a sette, i giocatori di movimento sono amputati alle gambe mentre i portieri hanno problemi alle braccia. Si parla di calcio vero, con falli e contrasti, ma anche con tante belle giocate. Non ci ferma nessuno. A fine agosto saremo ad Asiago, ci sono da preparare gli Europei di ottobre in Turchia e i Mondiali dell’anno prossimo in Messico».

Bergamasco, appassionato di calcio e atalantino naturalmente.

«Assolutamente sì, lo sono da sempre. L’abbonamento in Curva non manca mai, vedo tutte le partite in casa insieme agli amici e con la mia compagna, che a sua volta condivide la passione per i colori nerazzurri. Mi piace stare nel cuore della Nord a cantare e a dare il mio contributo canoro per la squadra. Mi sistemo sempre appena dietro i ragazzi che lanciano i cori, vivo la partita con grande trasporto e devo dire che in questa stagione è successo qualcosa di unico e stupendo».

 

 

Puoi dirlo forte, 72 punti e Atalanta quarta in classifica. Hai realizzato quanto fatto?

«Mah, mica tanto. Sto iniziando a rendermi conto adesso di quanto sia grande quello che la squadra ha fatto. Ci sono state tante partite da incorniciare ma il giorno più bello è stato contro il Milan. Sono uno che prima di esultare e di dire “è fatta” aspetta sempre il supporto della matematica e solo al gol di Conti dell’1-0 ho capito davvero che era tutto vero. Vi assicuro che la gioia è stata sfrenata: fortunatamente ho le braccia forti, ma quando l’abbraccio di una Curva intera ti travolge si provano sensazioni stupende».

Aspetti anche tu il sorteggio del 25 agosto a Montecarlo come se fosse l’evento più importante degli ultimi anni?

«Come potrebbe essere altrimenti? Per scelta non ho fatto la Dea Card e quindi la qualificazione all’Europa sarà anche l’occasione per tornare a seguire la squadra lontano da Bergamo. Spero tanto che dall’urna di Montecarlo spunti una squadra inglese oppure una polacca: in entrambi i casi si tratterebbe di una trasferta molto tosta».

Hai una carica incredibile e grande passione. Cosa pensi quando leggi di giocatori che parlano di fatica e di difficoltà?

«La verità? Credo che non ci sia molto da dire, però mi piacerebbe un giorno provare ad allenarmi insieme al gruppo dell’Atalanta. A Bergamo siamo in due a giocare ad alti livelli, oltre a me c’è un amico di Bariano, e magari per i giocatori professionisti vedere dal vivo come riusciamo a stare in campo e a fare gol nonostante la mancanza di una gamba può essere utile».

Anche perché, di gol in stadi importanti, ne hai segnati.

«Giriamo molto: ho giocato al Dall’Ara di Bologna, ad esempio, e a inizio luglio abbiamo concluso una due giorni a Latina in cui ho segnato una doppietta. È stata una bellissima esperienza, su Facebook l’ho festeggiata con queste parole: “Segnare una doppietta, al Francioni di Latina, uno stadio (fino a poco tempo fa) di Serie B, per di più uno di questi da laterale appena dentro l'area avendola messa nell'incrocio opposto, è un’emozione incredibile. Il lavoro, la fatica, il sudore pagano sempre... L'ho sempre detto e sempre lo dirò, il Calcio non è solo uno sport, ma molto molto di più!”».

 

 

Qual è il tuo sogno?

«Vorrei giocare nello stadio di Bergamo e indossare la maglia dell’Atalanta. E non solo per una volta».

Stai pensando a un’Atalanta per amputati come te?

«Mi hai letto nel pensiero. Sarebbe stupendo poter fondare l’Atalanta Disabili. In Italia solo a Torino c’è una squadra di club, diciamo, e anche dal punto di vista della Federazione sono previsti tanti incentivi. Non sarebbe un costo aggiuntivo, l’unica cosa che chiederemmo sarebbe di indossare le maglie della Dea, per il resto una soluzione si trova».

Come si dovrebbe procedere?

«Si tratterebbe di fondare una onlus dedicata, le multe che si prendono potrebbero essere devolute a realtà come quella che vorremmo creare. È un sogno che ho fin da piccolo, non potete immaginare che gioia e che soddisfazione sarebbe per me scendere in campo con addosso i colori che sostengo da una vita».

C’è un messaggio che vuoi lanciare a presidente, tecnico e giocatori nerazzurri?

«Al presidente Antonio Percassi dico di andare avanti per la sua strada come ha sempre fatto, senza ascoltare troppo la pressione di certi giornalisti e dei tifosi che si lamentano sempre. I risultati sono la dimostrazione che se lavori bene e ti impegni dando tutto, prima o dopo si arriva dove si vuole arrivare».

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