Per fortuna c'è il pomodoro (un settore in rinascita)
Il 2014 si preannuncia un anno nero per la dieta mediterranea: dopo i numeri deludenti della vendemmia (ne abbiamo scritto QUI), anche la stagione dell’olio si sta rivelando pessima, tra maltempo e mosca olearia (ne abbiamo scritto QUI). La produzione di olio si è dimezzata e quella di extravergine è calata drasticamente. Come rende noto Il Sole 24 Ore, le quotazioni sono schizzate dagli 1,9 euro al litro dell'estate ai 9 euro attuali. Un vera mazzata. A farci ben sperare, insomma, non resta che il pomodoro. Sì, perché dopo 2 anni di decrescita, nel 2014 il mercato della trasformazione di quest’amato ortaggio torna ad avere il segno più davanti e, timidamente, a far sorridere i produttori, che hanno diffuso i dati dell’anno in corso nell’assemblea pubblica dell’Anicav, l’Associazione nazionale degli industriali di conserve alimentari vegetali.
I numeri di un’industria florida. Attualmente, il mercato italiano del pomodoro è suddiviso in due Distretti: quello del Nord e quello del Centro-Sud. I rappresentanti più importanti si sono ritrovati per fare un bilancio annuale. Nel 2014, le aziende italiane hanno trasformato 4,9 milioni di tonnellate di pomodoro, di cui poco più della metà nel Distretto del Centro-Sud e il resto nel Distretto del Nord-Italia, a fronte di 67.177 ettari messi a coltura. Numeri in crescita dopo due anni di crisi e che confermano il nostro Paese al terzo posto dopo Stati Uniti e Cina nella graduatoria delle Nazioni trasformatrici di pomodoro. Nel complesso, i produttori italiani rappresentano il 12% della produzione mondiale (con circa 40 milioni di tonnellate) e il 54% del prodotto trasformato nell’Ue, per un fatturato totale di circa 3 miliardi di euro. Un settore assolutamente fondamentale per l’economia italiana, come confermano i numeri dei lavoratori impiegati: 12mila fissi e 22mila stagionali.
Questioni di EXPOrt. Dove brilla maggiormente il nostro pomodoro è nell’export: il 60% della produzione di derivati del pomodoro è infatti destinato ai mercati esteri, per un valore medio di 1,4 miliardi di euro. Solamente il 40% (circa 2 milioni di tonnellate) restano sul mercato interno. Un dato incredibile se si valuta che, nonostante la qualità della nostra industria agroalimentare, solamente il 20% dell’intera produzione di questo settore è destinata all’export, meno rispetto a Spagna (22%), Francia (26%) e Germania (33%). Solamente nel principale distretto produttivo italiano, cioè quello di Nocera, il prodotto esportato tocca la percentuale del 72%.
Numeri importanti dunque, nei quali va però segnalato un calo, in termini di volume di esportazioni, del 4% nei primi 8 mesi del 2014. Segno meno che è stato abilmente controbilanciato dai produttori grazie al più 6% del valore delle esportazioni. Si è esportato meno quindi, guadagnando di più. Tutto questo grazie all’abilità dei produttori, che sono così riusciti a non farsi influenzare dal fatto che l’Italia è il Paese al mondo in cui la materia prima per la coltivazione di pomodori costa di più. L’incontro dell’Anicav svoltosi nei giorni scorsi è stato però fondamentale come luogo di confronto per pensare a politiche di ulteriore miglioramento dell’export, soprattutto a fronte dell’Expo che si svolgerà a Milano nel 2015 e che sarà incentrato sul tema del cibo e dell’alimentazione. Un appuntamento a cui i produttori italiani di pomodori e prodotti derivati non vogliono farsi trovare impreparati.
Un marchio unico per il pomodoro italiano. È così tornato in auge, e con maggior forza che in passato, il dialogo attorno all’idea di dare vita ad un marchio unico in grado di rappresentare il pomodoro italiano, soprattutto all’estero, senza distinzioni tra Distretto del Nord e quello del Centro-Sud. Offrire all’estero un’immagine unitaria non può far che bene, dato il rispetto e la stima che, oltre i confini nazionali, nutrono per i nostri prodotti agroalimentari. Sempre nella stessa ottica, Anicav ha avviato l’iter per il riconoscimento del marchio di tutela Igp pomodoro pelato, con l’obiettivo di puntare sulla promozione degli elementi che sono alla base delle eccellenze italiane e che rappresentano le nostre tipicità: qualità, tradizione, genuinità e forte legame tra prodotto e territorio. Fondamentale, per la buona riuscita di questi progetti che potrebbero definitivamente rilanciare il settore, è la costante crescita del Distretto del Centro-Sud, nato circa un anno fa. Attualmente questo polo riunisce 10 Regioni, il 31% dei trasformatori e il 70% dei produttori di pomodori. Ma importantissimo sarà anche cercare di annullare quelle diseconomie che, da tempo, i produttori vanno lamentando. Basti pensare che le aziende sono sottoposte a controlli dell'Arpac, del Noe, delle Asl, dei Comuni, dei Nas, della Repressione Frodi e del Corpo Forestale. Un sistema che sarebbe in grado di incatenare anche le aziende più floride. Ma, a quanto pare, non quelle del pomodoro.