Gli hipster salveranno l’America Ovvero riqualificare le città oggi
Siamo in America, una delle economie più forti al mondo, la locomotiva che sta faticosamente tentando di trascinare fuori dalla melma della crisi degli ultimi anni il Vecchio Continente. Siamo nella patria delle nuove mode, degli hipster e della gentrification. Ecco, qui comprendiamo che c’è forse bisogno di un attimo di pausa. Cosa sono gli hipster? E la gentrification? Sono due fenomeni culturali che, seppur diversi, stanno letteralmente cambiando volto a una parte d’America. Gli hipster, in realtà, esistono da tempo, ma per spiegare in poche parole quali persone si possano definire hipster e quali no, ci affidiamo alla somma Accademia della Crusca, che definisce hipster «chi si tiene aggiornato, all’ultima moda, chi segue le tendenze. È un tipo di giovane anticonformista, caratterizzato da un particolare look fatto di capi d’abbigliamento della moda della seconda metà del Novecento con alcuni tratti di novità (occhialoni da vista, cappellino con visiera alzata)». Principali tratti distintivi: per lui barba folta e baffoni (spesso particolari), per lei invece look alternativo e grandi occhialoni da intellettuale. Ci perdonino gli hipster se abbiamo semplificato al massimo. Per quanto riguarda il termine gentrification, invece, la questione è leggermente più complessa. Anche qui semplifichiamo: la gentrification (traducibile in gentrificazione) è quel processo per cui i decadenti quartieri operai del centro cittadino vengono recuperati attraverso un influsso di capitale privato. Alla ristrutturazione degli immobili ed alla pacificazione dell'area segue l'insediamento di un nuovo tipo di inquilini middle class, la nuova gentry appunto.
Fatte queste due importanti precisazioni semantiche, passiamo alla notizia: molte città americane stanno felicemente provando l’effetto-gentrificazione sulla loro economia e il merito è degli hipster. A febbraio, il The Economist apriva titolando Bring on the hipsters, letteralmente “Fate entrare gli hipster”. Di fatto, questi ventenni e trentenni dalle barbe colte, i leggins colorati, i risvoltino in fondo ai jeans e dalle scarpe strane, stanno riuscendo a riqualificare le città statunitensi molto meglio di quanto non siano mai riuscite a fare tutte le commissioni edilizie degli Usa.
La gentrification secondo il Sunday Times. Interi quartieri, un tempo malfamati e in mano al degrado e alla criminalità, sono oggi piccoli gioielli moderni, pullulanti di feste, vita, arte e piccoli locali specializzati in Moscow Mule, un cocktail a base di vodka, lime e ginger che fa letteralmente impazzire gli hipster a stelle e strisce. Le case dove un tempo si spacciava la droga, oggi sono luoghi restituiti alla comunità, appartamenti appetibili e desiderati da molti. I prezzi degli immobili salgono, gli affitti anche. Ciò porta all’aumento del gettito delle tasse locali e, di conseguenza, anche dei servizi per i cittadini. Tutto merito della gentrification, per anni criticata, mentre oggi osannata, come spiega il The Economist: «Il problema vero non è la troppa gentrificazione, è che ce n’è troppo poca».
In un altro brillante articolo sul tema, il Sunday Times Magazine ha dato, attraverso le parole di un critico culinario, la propria personalissima definizione di gentrification. Forse un po’ cruda, ma certamente esemplificativa: «Una zona degradata, patria di spacciatori, prima attrae studenti squattrinati attirati dalla droga e dal prezzo basso degli affitti, che poi rimangono lì dopo gli studi e aprono bar e gallerie; che attraggono artisti; che attraggono mogli di uomini ricchi che sperano di fare sesso con gli artisti; poi arrivano i loro mariti, che vogliono comprare le case degli artisti per cacciarli via; poi arrivano giovani coppie ricche che non possono credere che i prezzi siano così bassi; e poi arriva la middle class che vuole una casa grande ma non può permettersela altrove». Chiaro, no?
Il cuore della gentrification. Difficile dire quale sia la zona degli Stati Uniti più fortemente colpita da questo strano fenomeno sociale, ma il cuore del movimento sono certamente Brooklyn e Williamsburg. Fino a pochi decenni fa, entrambi questi quartieri poco distanti da Manhattan rappresentavano, anche nell’immaginario collettivo, quanto di peggiore potesse rappresentare l’America. Oggi, invece, sono la patria dei vinili, delle birrerie artigianali e delle biciclette al posto dei taxi. E oramai da tempo entrambi questi quartieri sono abitati dalle nuove generazioni di giovani ricchi americani, artisti in rampa di lancio o rampolli stanchi dei confini comportamentali della vecchia “nobiltà” statunitense. Che questi due quartieri siano il cuore della gentrification americana lo dimostra un fatto: gli hipster si stanno spostando. Dopo aver ridato vita a queste aree, dopo essere stati il defibrillatore sociale di quartieri definiti a più riprese da bolsi sociologi da quattro soldi «irrimediabilmente persi», ora si stanno lentamente ma inesorabilmente spostando verso nuovi lidi, nuovi degradi da riplasmare a loro immagine e somiglianza. E come scrive Michele Masneri su Il Foglio, il consiglio non può essere che uno: seguiteli, perché si rischia di fare grandi affari.
I numeri lo dimostrano: negli ultimi anni, nell’intera Brooklyn sono stati fatti investimenti per 6 miliardi di dollari e ne sono previsti altri per 4 miliardi nei prossimi due anni. E pensare che gli investitori esteri, tra cui molti italiani, preferiscono ancora spendere i loro soldi in aree di New York come il più classico Upper West Side, oramai saturo da decenni. Sempre sulle pagine de Il Foglio, a prevedere quale sarà il prossimo quartiere a “gentrificarsi” è l’immobiliarista italiano a New York, Andrea Pedicini: «Bushwick. Potenzialmente è la nuova Williamsburg. Certo, non ha la vista sul mare, però qui i prezzi sono infinitamente più bassi: meno di 5mila dollari al metro quadro contro i 7mila di Williamsburg. In media, perché per building super lussuosi si arriva anche a 15mila». Bushwick dunque, ovvero uno dei quartieri che, fino a 10 anni fa, era tra i più malfamati di New York, centro della comunità ispanica, con un tasso di povertà del 75 percento. Lì, negli ultimi 12 mesi, i prezzi delle abitazioni sono già saliti del 35 percento, contro il misero più 8,5 percento di Williamsburg. Il tasso di reati, invece, si è quasi dimezzato. E pensare che, per tanti, gli hipster sono una massa di giovani superficiali e senza modelli. Sarà, ma quando si parla di investimenti immobiliari la cosa migliore da fare è seguirli.