I cristiani divorziati e risposati potranno fare la comunione?
Le tappe dell’evento, una dopo l’altra.
Alla fine dello scorso anno papa Francesco incarica il cardinale Walter Kasper di tenere una relazione davanti al Concistoro straordinario del 20 e 21 febbraio 2014. La relazione comincia così: In questo anno internazionale della famiglia, Papa Francesco ha invitato la Chiesa a celebrare un processo sinodale sulle Sfide pastorali sulla famiglia nel contesto della evangelizzazione. Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium scrive: «La famiglia attraversa una crisi culturale profonda come tutte le comunità e i legami sociali. Nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società» (EG 66). E più avanti si augura che la Chiesa, nella sua azione a riguardo dei soggetti di cui sopra, trovi il modo di far coabitare «fedeltà e misericordia di Dio».
Il cardinale è molto tranquillo in proposito. Assodato che «Misericordia e fedeltà vanno insieme», ne consegue che a causa della fedeltà misericordiosa di Dio non esiste situazione umana che sia assolutamente priva di speranza e di soluzione. Per quanto l’uomo possa cadere in basso, non potrà mai cadere al di sotto della misericordia di Dio.
La domanda è dunque come la Chiesa può corrispondere a questo binomio inscindibile di fedeltà e misericordia di Dio nella sua azione pastorale riguardo i divorziati risposati con rito civile.
Il punto più interessante viene immediatamente dopo, quando si legge che quello in oggetto «è un problema relativamente recente, che non esisteva nel passato, che esiste solo dalla introduzione del matrimonio civile tramite il Code civil di Napoleone (1804) e la sua introduzione successiva nei diversi paesi».
Dunque, sembra voler mettere le mani avanti il relatore, non trattiamo la questione come se ci trovassimo ai tempi di Nerone o di Costantino il Grande: il Generale Bonaparte ha sparigliato le carte e la Chiesa deve tener conto del fatto che oggi la gente - anche la gente cristiana - gioca col suo mazzo. Prima del Codice napoleonico, nella nostra Europa e nel vicino Oriente era inimmaginabile il matrimonio “civile”. Oggi è addirittura maggioritario, per cui la domanda è: stante l’indissolubilità del matrimonio cristiano, esistono ragioni “misericordiose” che consentano alla Chiesa, senza derogare dal depositum fidei, di ammettere all’eucarestia i divorziati cristiani risposati civilmente? Non si tratta, in altre parole, di ipotizzare un secondo matrimonio cristiano - cosa impossibile - ma di capire come non far mancare la grazia dei sacramenti a persone che “non ce l’abbiano fatta” a restar fedeli al proprio coniuge.
Era previsto che il lavoro di riflessione su questa domanda avrebbe avuto un suo significativo punto di arrivo nel Sinodo che si terrà ad ottobre sulle già richiamate «sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione». Che significa: che direttive possiamo fornire alle famiglie cristiane perché possano meglio testimoniare, con la loro vita, la bellezza dell’incontro con Cristo. In seconda battuta: cosa ne facciamo di quelli che si perdono per strada, abbandonano la moglie o il marito, e si rifanno una famiglia laica.
Il tema è di quelli da sconsigliare a chiunque di occuparsene, ma papa Francesco non è chiunque, ed è quindi è ipotizzabile che si attendesse che altri cardinali, vescovi o studiosi, si pronunciassero contro le tesi di Kasper. Forse se lo augurava addirittura, vista l’alta considerazione in cui tiene il pensiero “incompleto”, dialogico.
E la reazione non si è fatta attendere: cinque cardinali e quattro studiosi hanno messo insieme un libretto (Permanere nella verità di Cristo, editore Cantagalli, Siena) nel quale mostrano - testi e tradizione alla mano - che quella del cardinal Kasper è una tesi che non può essere in alcun modo accettata. L’opera - già uscita negli Usa - da noi sarà disponibile a partire dal 1 ottobre prossimo, ma dalle anticipazioni fornite al Corriere della Sera e ad altri media - ma non al cardinal Kasper, che si è detto stupito della vicenda - si è tentati di pensare che i saggi in esso contenuti non rispondano tanto alla questione sollevata a febbraio, ma si limitino a ribadire con forza e convinzione cosa si è inteso fin qui con l’espressione “matrimonio cristiano”. E chi si muove in questo orizzonte non può dire altro se non che Kasper - e con lui il Papa, perché questo è il vero problema - fa male a mettersi per quella china. Papa Francesco aveva infatti apprezzato lo spirito della relazione, al punto da dichiarare quella di Kasper «teologia in ginocchio», animata da grande «amore alla Chiesa».
A rendere l’atmosfera ancor più tesa è il fatto che del collettivo anti Kasper fa parte niente meno che il cardinale Gerhard Ludwig Müller, dal 2012 alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede, che due mesi fa aveva dato alle stampe un libro-intervista («La speranza della famiglia», edizioni Ares) nel quale si dichiarava contrario ad ogni apertura nei confronti dei divorziati risposati. Come fa notare Andrea Tornielli [vatican insider] «Non era mai accaduto che un Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede in carica pubblicasse nel giro di qualche settimana ben due libri per dichiarare inammissibile qualsiasi cambiamento della posizione della Chiesa su un tema che sta per essere discusso da un Sinodo».
E che altri due presuli - il cardinale di Milano Angelo Scola e l’australiano George Pell, “ministro dell’Economia" vaticano - si esprimessero nello stesso senso a stretto giro. Ma è solo un altro segno del fatto che i tempi sono cambiati in modo irreversibile, non solo per quel che riguarda il matrimonio.
E che «le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” come scriveva san Paolo agli amici di Corinto.