Al Papa Giovanni XXIII

La storia del 12enne che ha vissuto un anno in ospedale in attesa di un cuore nuovo (ed è scampato al Covid)

Il trapianto è durato circa 10 ore, che sono servite a rimuovere il cuore artificiale (una valigetta al quale era attaccato) e a impiantare il nuovo organo. Una vicenda fatta di coraggio, forza di volontà, scienza e umanità

La storia del 12enne che ha vissuto un anno in ospedale in attesa di un cuore nuovo (ed è scampato al Covid)
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Ha trascorso praticamente un anno in ospedale, attaccato a un cuore artificiale per sopravvivere, e fortunatamente non è stato contagiato dal coronavirus. La vicenda, che ha dell’incredibile, è avvenuta all'ospedale Papa Giovanni di Bergamo e ha visto come protagonista un ragazzino di 12 anni, che chiameremo Davide (il nome è di fantasia). Oggi Davide ha un cuore nuovo, che gli ha permesso di sconfiggere la cardiomiopatia derivante dalla malattia di Naxos, una rara patologia su base genetica, e la sua storia, anche di coraggio, merita di essere raccontata.

Mentre tutta Italia guardava ai numeri del contagio, il ragazzino, di origini rumene, ha combattuto in una stanza di 24 metri dell’ospedale di Bergamo la sua personale battaglia che può essere riassunta da questi numeri: 373 giorni di ricovero e 319 passati aggrappato a una valigetta da cui dipendeva la sua vita. A tenergli compagnia e a sostenerlo sono stati il padre, 37 anni, che ha rinunciato a tutto per stargli vicino, le visite della mamma, rimasta in Romania ma che lo raggiungeva appena possibile, qualche videogioco e la scuola, prima in ospedale e poi a distanza.

La diagnosi in Romania, poi la decisione di trasferirsi in Italia per curarsi, l’autorizzazione alla messa in lista d’attesa secondo le rigorose procedure del centro nazionale trapianti, il ricovero per oltre venti giorni in Terapia intensiva pediatrica e il ricorso al Vad, viste le gravi condizioni del ragazzo. Un lockdown nel lockdown, che però dovrebbe concludersi con la dimissione a un anno esatto dall’impianto del sistema di assistenza biventricolare Vad, un Excor Berlin Heart, avvenuto il 6 luglio del 2019. «Grazie alle diverse professionalità e alle tecnologie che dispone il nostro centro, riusciamo a portare i pazienti, anche quelli più piccoli, al trapianto nelle migliori condizioni possibili», ha commentato Michele Senni, direttore del Dipartimento cardiovascolare del Papa Giovanni XXIII.

L’intervento di trapianto è durato circa 10 ore, che sono servite a rimuovere il cuore artificiale e a impiantare il nuovo organo, prelevato dal cardiochirurgo Francesco Innocente e dall’infermiera Maria Berardelli. In sala operatoria, per il trapianto erano presenti il responsabile del Centro Trapianti di cuore Amedeo Terzi, con i cardiochirurghi Federico Brunelli e Samuele Pentiricci, la specializzanda Francesca Papesso, l’anestesista Moreno Favarato, i perfusionisti Davide Ghitti e Silvana Crisci, gli strumentisti Omar Sandrinelli ed Elisabetta Salvi, gli infermieri Angelo Sechi, Silvia Barachetti, Severine Dormont e Sara Bolazzi, gli operatori sociosanitari Silvia Sibelli, Salvatore Pepe e Maria Zampaglione. «Il ragazzino è arrivato in condizioni molto gravi, che hanno richiesto prima un ricovero in terapia intensiva e poi l’impianto di un cuore artificiale, come “ponte” al trapianto cardiaco – ha spiegato il dottor Terzi -. Trovare donatori compatibili per riceventi così giovani è infatti molto raro ed è importante poter contare su dispositivi che possono protrarre il più possibile l’intervento di sostituzione dell’organo».

«Per un anno abbiamo seguito il ragazzo costretto a convivere con un cuore artificiale, che compensava il suo, gravemente compromesso dalla malattia – ha spiegato Attilio Iacovoni, che con Roberta Sebastiani, Alessandra Fontana, Claudia Vittori ed Emilia d’Elia compone la squadra di cardiologi dedicata ai trapianti di cuore -. Ora il nostro compito è di tutelare il più possibile l’organo ricevuto, risultato di un grande gesto di generosità, che ha dato a Davide una nuova vita».

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